“Non troverai nessuno, soprattutto un intellettuale, che voglia lasciare Londra. No Sir, quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita. A Londra c’è tutto ciò che questa vita possa offrire”. Sarà stato un po’ di parte, due secoli fa, il poeta inglese Samuel Johnson. Ma se a dirlo oggi è un 24enne riminese, forse è il caso di fidarsi. Namer Merli (Nemìr, dalla fantasia dei genitori ma riminesissimo) non è un intellettuale né un poeta, ma non si può certo dire che sia un ragazzo ordinario e con poche ambizioni. E stanco lo è stato sì, ma della vita in Italia. Fresco di laurea, e con buone possibilità di trovare un lavoro in campo pubblicitario, nell’ottobre del 2012 tradisce la patria per fedeltà alla sua vera ambizione: lavorare nel mondo dei videogiochi, per i quali ha una passione sfrenata. Nessuna certezza e poche sterline in tasca, ma si sa, provarci non costa nulla. Riuscirci, poi, non ha prezzo. Dopo appena un mese Namer viene assunto dalla multinazionale SEGA come localization tester, pagato per giocare ai videogames al fine di verificarne l’efficienza tecnica e la corretta traduzione in italiano. Poi una tappa a Notting Hill, dove diventa consultant tester per il social network Luluvise, e infine il ritorno al suo habitat naturale, con l’assunzione da parte di 2K Games, dove tuttora lavora. Sacrifici? Ci sono stati. Soddisfazioni? Ancor di più. Ne è passata di acqua sotto il Tower Bridge, da quell’ottobre 2012. Ma Namer, che in questi due anni a Rimini è tornato solo per tre giorni, di Londra, della vita, e di giocare, non è affatto stanco.
Poco più che ventenne, in una mano la laurea in comunicazione pubblicitaria, nell’altra il tirocinio in un’agenzia che ti promette una collaborazione. Perché partire? E perché Londra?
“Dopo la laurea e qualche collaborazione qua e là, avevo come il terrore di rimanere «bloccato» a Rimini per sempre. Non che sia un brutto posto dove vivere, ma mi ci sono sempre sentito un po’ stretto. Inoltre i videogiochi sono da sempre una delle mie più grandi passioni, e trovare un lavoro all’interno della Industry è sempre stato il mio sogno. Impossibile da realizzare vicino a casa. Il momento era favorevole, da perdere avevo poco e Londra è sembrata la meta più ovvia (niente lingue strane da imparare e relativamente vicina)”.
Costruirsi una nuova vita all’estero: quali sono state le principali difficoltà?
“Le difficoltà sono state, e sono tuttora tante, è innegabile. Appena arrivato ti ritrovi in una grande metropoli, con pochi soldi, senza casa e lavoro. Bisogna iniziare a pedalare, e alla svelta! Adattarsi a una realtà diversa da quella a cui si è abituati è un processo graduale e non sempre indolore. Certo, Londra è una grande città, costosa e non sempre così «calorosa», ma ha molto da offrire, soprattutto sul piano lavorativo. L’importante è non arrendersi mai”.
Come vedi oggi l’Italia, da esterno? E Rimini?
“Nonostante viva all’estero da quasi due anni, non vedo il mio paese e la mia città natale con occhi diversi. Non ho mai immaginato il mio futuro in Italia e forse l’ho sempre guardata un po’ con sospetto, se non con delusione a volte. Questo non vuol dire che odi il mio paese, semplicemente non penso sia il posto per me in questo particolare momento della mia vita”.
C’è qualcosa che ti manca della tua città? Cosa invece manca a Rimini di ciò che hai trovato là?
“Sicuramente amici e familiari sono le prime cose che mi vengono in mente, ma se devo essere sincero non c’è molto altro di cui sento la mancanza, a parte forse la possibilità di usare la macchina, invece di affidarsi interamente ai trasporti pubblici. Per quanto riguarda Londra invece, non differisce di molto da una qualsiasi altra capitale europea, dove multiculturalità è interculturalità sono la normalità. Rimini non è neanche lontanamente comparabile sotto questo punto di vista”.
Se non fossi stato assunto subito da SEGA cosa avresti fatto? Le condizioni lavorative offerte dal Regno Unito sarebbero comunque valse ulteriori ricerche?
“Credo che avrei continuato a cercare a oltranza, è davvero difficile non trovare assolutamente nulla da fare in una città come questa. Certo non è sempre il lavoro della vita, ma l’importante è non demordere. I sacrifici sono da mettere in conto se si parte allo sbaraglio. Le condizioni lavorative per i giovani sono sicuramente migliori che in Italia, ma ciò non vuol dire che richiedano meno sforzi. Senza considerare che più è grande l’agglomerato urbano, più è vasta la concorrenza”.
Dove vedi il tuo futuro? Hai mai pensato di tornare in Italia?
“Non sono solito fare piani per il futuro, ma ora come ora, non ho intenzione di tornare in Italia. Sono felice e finché riesco a vivere dignitosamente qua non ho motivo di pensare di tornare”.
Isabella Ciotti