La notizia è arrivata: via libera dalla Congregazione per le Cause dei Santi per iniziare il Processo canonico sulla “santità” di don Oreste Benzi. Parroco per 30 anni della “Resurrezione”, romagnolo puro, di sangue e di cuore, e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, oggi presente in ben 32 Paesi dei 5 Continenti con quasi 2.000 membri effettivi.
La comunicazione del Prefetto della Congregazione, il cardinale Angelo Amato, al vescovo Lambiasi la scorsa settimana ha subito fatto il giro del mondo, rimbalzando dalla stampa locale alle TV e Radio nazionali.
Tempi brevissimi, se si pensa che la richiesta era stata inoltrata dal vescovo Francesco solo all’inizio dello scorso novembre. Una rapidità (al contrario dei cosiddetti “tempi biblici” della Chiesa!), che fa pensare quanto la figura di don Benzi goda di ottima reputazione.
Ricordiamo che la Causa, solo per iniziare, ha già richiesto un lungo lavoro di ricerca per documentare la fama di santità e di segni di don Benzi, oltre che la sua importanza per tutta la Chiesa.
In questo monsignor Lambiasi aveva ricevuto incoraggiamento da parte di tanti suoi confratelli nell’episcopato, dei rappresentati dei Movimenti ecclesiali, di religiosi e laici, in Italia e nel mondo, oltre che l’immancabile e necessaria vox populi.
Quali saranno allora i prossimi passi? Le norme che disciplinano le Cause di beatificazione e canonizzazione prevedono ora che il vescovo diocesano richieda il parere della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna sull’opportunità di aprire o meno la causa (Istruzione Sanctorum Mater, art. 41). Si tratta solo di un parere, perché a volte può verificarsi il caso in cui particolari circostanze sociali o politiche non consiglierebbero l’apertura di una Causa di beatificazione, seppur legittima. Si pensi ad esempio a cosa accadrebbe se in Cina una diocesi aprisse un processo di beatificazione per un martire fatto uccidere dal governo: la scelta comprometterebbe addirittura i già fragili rapporti tra tutta la Chiesa cinese, nonché la Santa Sede, e l’autorità politica. Lo stesso accadrebbe in alcuni paesi dell’America Latina o dell’Asia.
Per quanto riguarda il nostro caso, ci aspettiamo un parere positivo, sia perché alcuni vescovi emiliano-romagnoli hanno già espresso al nostro vescovo Francesco il loro sostegno ad aprire la Causa, sia perché da Piacenza a Ferrara e da Parma a Rimini molti di questi pastori hanno conosciuto personalmente don Oreste e hanno potuto contare su di lui nell’annunciare il Regno di Dio ai più piccoli e agli ultimi; si pensi inoltre che, tutt’ora, nelle loro rispettive diocesi, il carisma e il ricordo di don Benzi è ancora vivo nelle case-famiglia, comunità terapeutiche, centri diurni, ecc., della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Sui tempi non possiamo sbilanciarci: il parere deve infatti essere espresso durante una sessione della Conferenza Episcopale Regionale e sarà compito dal Cardinale di Bologna metterlo all’ordine del giorno.
Una volta comunicato per iscritto al nostro vescovo Francesco il risultato della sessione, allora sarà lui a decidere quando rendere pubblica la mia petizione di postulatrice della Causa, sia in Diocesi che fuori Diocesi e attraverso ogni mezzo di comunicazione.
Sarà solo allora, che don Oreste potrà essere finalmente chiamato (e pregato!) Servo di Dio.
Elisabetta Casadei