Home Attualita L’occhiolino dei populisti nel Regno Unito al ceto medio impoverito

L’occhiolino dei populisti nel Regno Unito al ceto medio impoverito

Indice puntato contro i costi del welfare state e in particolare dei sussidi. Oggi le classi medie vogliono essere sicure che i soldi che danno al fisco non finiscano nelle tasche di chi non ha voglia di lavorare. Sorride l’Ukip (United Kingdom Independence Party), nato proprio per portare il Regno Unito fuori dall’Europa: secondo gli ultimi sondaggi potrebbe superare anche il partito conservatore

Poveri e immigrati. Sono loro i capri espiatori dei tagli al welfare introdotti dal governo conservatore di David Cameron dal momento dell’arrivo al potere nel 2010. I partiti, le tv e i giornali li dipingono come imbroglioni che vivono alle spese dello Stato. Tutta benzina sul fuoco dei populisti che trovano ascolto nel ceto medio impoverito dai costi della vita.

Poveri e immigrati. Sono loro i capri espiatori dei tagli al welfare introdotti dal governo conservatore di David Cameron dal momento dell’arrivo al potere nel 2010. I partiti, le tv e i giornali li dipingono come imbroglioni che vivono alle spese dello Stato, mentre le statistiche dimostrano che ormai, nel Regno Unito, chi riceve un sussidio spesso sta anche lavorando, ma lo stipendio non basta per mantenere la famiglia.

I tagli al welfare. In questi giorni è la strada più famosa di tutta l’Inghilterra. James Turner street, 99 case, 13 diverse nazionalità, nel quartiere peggiore di Birmingham, esiste davvero, anche se a guardare il documentario che Channel Four gli ha dedicato, intitolandolo “Benefits street”, sembra di essere in un film. Cinque milioni di telespettatori, al lunedì sera, hanno scoperto come si vive al fondo della società, tra i più poveri che dipendono da quelle 50 sterline alla settimana che passano loro le casse statali. In alloggi disordinatissimi, fumando o bevendo tutto il giorno. Svegli tutta la notte, impegnati in piccoli furti. Seduti, all’aperto, su materassi e divani, tra i rifiuti… “Benefits street” rappresenta una piccola minoranza di chi riceve sussidi, ma ampia parte della classe politica e i media dedicano a questi poverissimi molta attenzione per giustificare i drastici tagli al welfare state che il premier Cameron ha introdotto negli ultimi tre anni. Né i Labour, che potrebbero succedere ai Tories alle elezioni del 2015, cambieranno direzione.

L’opinione pubblica è cambiata. All’indomani della seconda guerra mondiale si sognava la “nuova Gerusalemme”, una società giusta, dove i ricchi si prendevano cura dei poveri usando gli strumenti regolativi dello “stato sociale”. Oggi le classi medie, alle prese con bollette sempre più care di luce e gas e il conto della spesa che aumenta ogni settimana, sentono i richiami del populismo e vogliono essere sicure che i soldi che danno al fisco non finiscano nelle tasche di chi non ha voglia di lavorare. A difendere una rete di protezione per i più deboli sono rimaste le chiese cristiane, come spiega Clifford Longley, cattolico, commentatore per la Bbc e il settimanale cattolico “Tablet”. “Il welfare esprime la generosità dello Stato verso chi non ha lavoro o è portatore di handicap, ma, durante un periodo di declino economico, la gente è meno generosa”, spiega Longley. “Con una mossa populista, il governo ha deciso di assecondare questo atteggiamento diffondendo, insieme a tabloid di destra come il ‘Daily Mail’ e il ‘Daily Express’, l’idea che chi ottiene sussidi imbroglia. In realtà, a vivere a spese dello Stato, è soltanto una minoranza perché la maggior parte degli inglesi, pur ricevendo aiuti, lavora”.

Verso il referendum. Secondo Charles Moore, anch’egli cattolico, ex direttore del “Daily Telegraph”, un “esempio di nuovo protezionismo” è la richiesta di controllare meglio l’arrivo degli immigrati proprio perché – è convinzione diffusa – rischiano di diventare un peso per il welfare al quale possono accedere una volta messo piede in Gran Bretagna. “Un controllo migliore sugli immigrati europei è proprio quello che il Regno Unito chiede a Bruxelles”, spiega Moore. Longley e Moore concordano sul fatto che se ai cittadini britannici venisse data, in un referendum, la possibilità di uscire dall’Unione Europea, come potrebbe capitare nel 2017, la maggior parte direbbe di no. Sempre che David Cameron riesca a ottenere dall’Unione più poteri per Westminster. Insomma il partito dello Ukip (United Kingdom Independence Party), nato proprio per portare il Regno Unito fuori dall’Europa, che secondo gli ultimi sondaggi potrebbe superare anche il partito conservatore nelle elezioni europee di maggio, non avrebbe egual successo nelle votazioni nazionali.

Ukip, voti di protesta? “Lo Ukip è come un bidone della spazzatura dove vanno tutti i voti di protesta”, spiega deciso Clifford Longley. “Non ha nulla a che fare con i partiti della nuova destra che stanno nascendo nel resto d’Europa. Il dna degli inglesi non ha mai avuto un cromosoma fascista. Qui prevale il centro, e i partiti estremisti, sia di destra che di sinistra, non raccolgono voti. Esiste una tradizione secondo la quale il voto di protesta contro il governo si indirizza verso un terzo partito, tra una elezione e l’altra, e ritorna poi alle formazioni maggiori durante il voto nazionale. In questo momento l’insoddisfazione degli elettori non può essere assorbita dai liberaldemocratici che sono al governo e finisce, quindi, nello Ukip”.

SILVIA GUZZETTI – ZIREUROPA – RONDRA