Il cancro dell’oncologia riminese? Potrebbe chiamarsi IRST. La sigla sta per un nome – Istituto Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori (con sede a Meldola, nel forlivese) – che da tempo Rimini guarda se non con paura, almeno con sospetto. Si teme che un suo rafforzamento porti a un progressivo indebolimento delle terapie e della chirurgia oncologica a Rimini. Non a caso il presidente della Provincia Stefano Vitali ha già ribadito la necessità di mantenere sul territorio le prestazioni oncologiche. Il collega della Provincia di Forlì-Cesena Massimo Bulbi, dal canto suo, replica che l’IRST è “un’eccellenza a vantaggio di tutta la Romagna” e che il modello organizzativo della Rete Oncologica dell’Area Vasta Romagna “prevede che i centri specializzati, come l’IRST, gestiranno solo i casi più complessi e saranno integrati con i centri ospedalieri periferici”. Lo stesso consigliere regionale riminese del Pd e presidente della Commissione Sanità della Regione, Roberto Piva, afferma che “l’IRST non sottrae nulla a Rimini” e che non c’è alcun contrasto con questa struttura “pari per eccellenza e qualità all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano”. Aggiungendo che si impegnerà “per sostenere la continuità dell’assistenza oncologica riminese”. Le stesse rassicurazioni sono arrivate dal numero uno dell’ormai ex Ausl di Rimini, Marcello Tonini e dal primario dell’U.O. di Oncologia Davide Tassinari ai dipendenti, estremamente preoccupati – secondo fonti interne – del destino dell’oncologia riminese.
Le voci. Sia chiaro, in questo periodo in cui l’Ausl di Romagna compie i suoi primi passi (è di pochi giorni fa il primo incontro tra il nuovo direttore generale Andrea Des Dorides, e i rappresentanti dei Distretti sanitari di Rimini e Riccione) la confusione tra gli addetti ai lavori regna sovrana. Nei corridoi circola ogni voce e su Meldola, quella predominante è che alla lunga potrebbe accorpare il servizio di Rimini. Altra precisazione: in sanità non accade mai che da un giorno all’altro venga detto “chiudiamo un reparto”. Il discorso è molto più complesso e si protrae nel lunghissimo periodo. Secondo gli addetti ai lavori, già quando partono le prime piccole limature silenti, i primi lievi riassestamenti, si capisce che è giunta l’ora di preoccuparsi. Per intenderci, nel momento in cui una fetta di pazienti non passerà più a Rimini perché andrà direttamente a Meldola la prospettiva di perdere alla lunga l’oncologia riminese sarà più concreta.
Paura motivata? Oggi al reparto di Oncologia dell’Infermi si continua a lavorare a pieno regime. È anche vero però che Meldola cresce moltissimo. Dal 2010 l’IRST è riconosciuto come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), “salto” che offre la possibilità di un aumento delle fonti di finanziamento, e dall’anno scorso è una società controllata dalla Regione che ne ha acquisito la maggioranza con 7 milioni di euro. L’acquisizione è prevista dalla stessa legge sull’Ausl unica di Romagna. Come pubblicato dal nostro supplemento TRE di gennaio, nel 2012 i pazienti sono stati 14.770, +7,6% sul 2011, i nuovi in particolare sono saliti del 23,2% nello stesso anno. Il 74% proviene dalla Romagna. Il fatturato è di 45,8 milioni di euro, i ricavi da attività specialistica sono in aumento del 33%.
Una fase decisiva. Il periodo che si apre con la definizione della rotta dell’Ausl unica romagnola e della rete oncologica in particolare, diventa decisivo. Un gran peso in questa partita lo avrà la distribuzione delle risorse tra le oncologie romagnole e l’IRST. Ma un peso lo avrà anche il modo in cui Rimini saprà alzare la voce. Come sottolinea il presidente del Collegio delle professioni sanitarie per la provincia di Rimini, Maria Luisa Ciurlia, la legge che istituisce l’Ausl unica di Romagna “è molto democratica e tutelante sia nei confronti dei lavoratori che dei territori”. Chi deciderà sui tagli? “La nuova Conferenza Territoriale Sanitaria romagnola, quindi dovranno vigilare le autorità preposte che sono all’interno: presidenti della provincia e, in prospettiva, i sindaci dei Comuni capoluogo”.
Ma quanto rischiamo di essere “tagliati”? Sempre a TRE il già direttore generale dell’Ausl riminese Tonini ha rivelato che “solo nel pubblico ci sono in Romagna una decina di chirurgie, davvero troppe”. Qualcosa dovrà dunque essere tagliato. La chirurgia oncologica e oncoematologica? Nessuno si sbilancia ma una cosa è certa: come riportano fonti interne, la scorsa settimana l’Ausl riminese ha presentato al nuovo direttore Des Dorides le eccellenze riminesi selezionate sia per servizi di qualità sia per risparmi gestionali: la chirurgia generale e toracica del Dott. Gianluca Garulli del “Ceccarini” di Riccione, la chirurgia alla spalla del Dott. Giuseppe Porcellini a Cattolica e il reparto di Post Acuti di Rimini (che costa poco perché non ha medici). Tutte qui le eccellenze riminesi? E Oncologia? Assente, almeno a quel tavolo.
Alessandra Leardini