Il dono annunciato da Francesco, il 2015 Anno della Vita consacrata, pone da subito una serie di condizioni esigenti. Verrà messa in causa tutta intera l’esistenza di chi avverte in sé l’urgenza della risposta a seguire il Signore da consacrati.
È un dono che non si restringe a chi lo riceve, ma si dilata e si estende a tutti. Se infatti il consacrato o la consacrata fossero ripiegati su loro stessi e chiusi in un bozzolo, verrebbe a mancare la condizione previa di vita donata all’Altissimo e a tutti i fratelli e le sorelle.
Le condizioni sono esigenti, bisogna conoscerle e farle proprie.
“Possono svegliare il mondo”: Svegliare va inteso in senso evangelico: scuotere la coscienza, destare dall’ingorgo e dall’affanno dell’accumulo, della corsa alla carriera e da quel particolare sonno che, l’immersione nell’effimero, produce come una sorta di anestesia e di chiusura verso le necessità altrui. Tale risveglio non nega la realtà della storia e neppure la costruzione del benessere ma non lo lega al proprio benessere, alla propria comodità. Gli occhi aprendosi si posano sensibili su ogni bisogno, su ogni silenziosa richiesta di aiuto, a quel grido muto, per dignità o debolezza, che esplode o implode dalla persona cui è sottratta la propria elementare dignità: per fame, quando noi sprechiamo a dismisura; per servaggio, in sottomissione coatta a una libidine che impedisce di chiamare persona chi abusa di minori e di donne indifese e fa vergognare di condividere la stessa natura, la stessa nazionalità; per mancanza di lavoro che porta alla depressione.
“La vita consacrata è profezia”: annuncio della Parola di Dio che viene incontro alla creatura, testimonianza di un incontro con il Figlio che ha assunto la natura umana, da cui scaturisce una mentalità altra che ama il presente e vi legge l’interazione del Misericorde e di coloro che si lasciano investire dalla sua luce in quel pellegrinaggio, passo dopo passo, verso il Volto di Dio, lodandolo per la creazione, chiedendogli il dono della giustizia che solo può portare pace a tutti.
“Uscire dal nido che ci contiene”: il rischio di essere depositari di un annuncio che si ripiega su se stesso, è fortissimo e ci si salva solo con una dinamica di uscita, vale a dire di dimenticanza e oblio di sé per andare incontro e fare di ogni persona e di ogni situazione, luogo dell’incontro con Cristo.
“Essere inviati nelle frontiere del mondo”: non si sceglie, ci si riconosce inviati, sollecitati e impossibilitati ad una stasi che, in realtà, assomiglia al sonno da cui bisognerebbe svegliare il mondo! Frontiere diverse: per le carmelitane il 2015 sarà l’anno in cui si celebrerà il VII centenario della nascita di Teresa di Gesù e la frontiera non sarà altro che una cella eremitica, tensione condivisa con le altre sorelle, che, se sveglia diventerà presenza ubiqua, universale; per la famiglia salesiana nel II centenario della nascita di don Bosco sarà un qualsiasi luogo o circostanza in cui urge la condivisione, l’aiuto, l’annuncio di Colui che ci salva; per tutti delineate sulla base dei propri carismi.
“Evitando la tentazione di addomesticarle”: è la frontiera che plasma e non noi, frontalieri e frontaliere, che riduciamo tutto alla nostra misera misura; in gioco vi è la non misura della vita vissuta faccia a faccia con l’Altissimo, la cui ricaduta e prova del nove è semplicissima e si racchiude in una domanda: dov’è tuo fratello, dov’è tua sorella?
Se faremo nostre queste indicazioni la speranza si ritroverà rinvigorita e potremo pensare di non dormire fra comodi illusori guanciali ma ci staremo giocando nel modo più concreto di imitare il Signore.
Cristiana Dobner