Accade all’improvviso. La vista si annebbia, compare un dolore alla testa acuto e opprimente, i pensieri si fanno confusi, facce e luoghi familiari diventano irriconoscibili, parlare è difficile o addirittura impossibile (afasia). Uno strano formicolio si impadronisce degli arti che diventano insensibili e pesanti (parestesia) e non reagiscono più a stimoli e comandi (emiplegia, tetraplegia). È l’ictus che sta manifestando i suoi sintomi in tutta la sua tragica brutalità: una malattia talmente devastante nella sua fulminea apparizione che può portare anche al decesso.
I dati elaborati sono allarmanti, un vero e proprio bollettino di guerra dove il «nemico» è tanto invisibile quanto imprevedibile. L’ictus colpisce, a livello mondiale, una persona su sei, una ogni sei secondi; il sesso maschile più di quello femminile. Nell’80% dei casi si manifesta con un’ischemia cerebrale, nel restante 20% con un’emorragia. In Italia colpisce 25 persone ogni ora, circa 600 al giorno e più di 200mila all’anno e rappresenta la prima causa d’invalidità (con perdita di autosufficienza), la seconda causa di morte dopo malattie cardiovascolari e cancro e riguarda il 10-12% della mortalità in toto. Nel nostro territorio i casi attesi sono circa 6-700 l’anno (2 per mille abitanti).
Ma da cosa è causato l’ictus? Perché è così devastante?
“L’ictus è una grave malattia – spiega il dottor Alessandro Ravasio, Direttore dell’U.O. di Neurologia dell’ospedale Infermi di Rimini – insorge improvvisamente a seguito di un disturbo circolatorio cerebrale. Le cellule del cervello (neuroni) private anche solo per pochi minuti del nutrimento necessario (ossigeno e glucosio), cominciano a morire e innescano una reazione a catena che distrugge le cellule di una vasta area circostante. Poiché queste cellule non si rigenerano, il danno causato è spesso permanente. A seconda della parte di cervello colpita, il problema neurologico può essere la paralisi o la comparsa di disturbi della vista, della parola, della memoria, del comportamento. Nella maggioranza dei casi dà luogo a gravi infermità che comportano assistenza e cure assidue”.
Quanti tipi di ictus ci sono?
“Due: ischemico o emorragico. L’<+cors>ictus ischemico<+testo_band>, o infarto cerebrale, è causato da un’ostruzione parziale o completa (anche restringimento, occlusione o chiusura improvvisa) di un’arteria che porta sangue al cervello a sua volta determinato improvvisamente da un embolo (bolla d’aria) o da un grumo di grassi che si forma all’interno delle pareti delle arterie come nell’aterosclerosi. Se l’ostacolo non viene rimosso entro pochi minuti, le cellule nervose, non ricevendo più ossigeno, vanno incontro ad un danno definitivo. L’ictus emorragico, invece, è dovuto alla rottura di un’arteria cerebrale per aumento della pressione arteriosa con formazione di ematomi, come nel caso dell’emorragia cerebrale, oppure è dovuto alla malformazione della parete di un’arteria (aneurisma). Nei restanti casi la causa è un’alterata coagulazione. L’emorragia cerebrale è la forma più grave, spesso fatale”.
Quali sono i provvedimenti da prendere subito?
“Occorre chiamare immediatamente il 118. È bene prestare soccorso al più presto e avviare il malato al percorso clinico più appropriato, perché sia esso ictus ischemico o emorragico, le conseguenze possono essere molto gravi, spesso drammatiche. Presso l’Infermi è attivo, dal 2010, un percorso specifico di trattamento, qualora sia indicato, denominato trombolisi. Questa procedura innovativa consente di disostruire il vaso cerebrale, attraverso la somministrazione di un apposito farmaco e viene praticata da medici specialistici delle Unità Operative di Medicina d’Urgenza, Neurologia e Neuroradiologia, lo strocke team”.
Il dottor Michele Sintini (Neuroradiologia) fa parte di questo team. Dottore, come si effettua la trombolisi?
“Nella fase acuta dell’ictus ischemico si introducono in vena farmaci specifici quali l’r-TPA con l’Actilise (trombolitico) si interviene perciò sul vaso colpito per ottenere un recupero delle funzioni vitali da parte del paziente aumentando significativamente le probabilità di sopravvivenza. Si può procedere in due modi: per via sistemica, con il farmaco utilizzato per via endovenosa o per via loco-regionale, cioè intervenendo direttamente sul trombo all’interno dell’arteria colpita. Preciso che questi farmaci possono essere utilizzati per pazienti tra 18 e 80 anni”.
È sempre opportuno procedere ad un trattamento di trombolisi?
“Occorre prima di tutto premettere che la trombolisi è indicata nel trattamento dell’ictus ischemico e non in quello emorragico”.
Con la trombolisi il paziente può incorrere in rischi?
“L’indicazione al trattamento è sostenuta dall’osservazione statistica che i rischi di una complicanza emorragica nel paziente sono inferiori a quelli di una risoluzione parziale o totale del sintomo neurologico”.
Per avere giovamento entro quanto tempo devono essere utilizzati i farmaci?
“La finestra terapeutica è di 4 ore e 30 dall’inizio del sintomo per la trombolisi sistemica e 6 ore per quella loco-regionale”.
Quante persone sono state trattate con trombolisi dal 2010 ad oggi?
“I criteri selettivi di arruolamento dei pazienti che sono numerosi fanno sì che solo il 5-10% dei soggetti colpiti da ictus possa essere trattato, che si traduce da 30 a 50 pazienti all’anno”.
Laura Carboni Prelati