Mai fidarsi delle lapidi. Sull’argomento, il Comune di Rimini ha giocato uno scherzetto a Luigi Tonini. Il famoso storico riminese scrisse un vero e proprio trattato sul tema delle lapidi e nelle tre categorie (“lapidi peregrine, lapidi riminesi spurie o non antiche, lapidi peregrine intruse fra le riminesi”) mise una gran quantità di “spurie”: false.
Al Tonini che invitava a prendere con le molle le lapidi, la città ha invece restaurato e ricollocato la lapide. Ma in questo caso, la datazione e la provenienza è tutta certificata. E questo segno può essere lo spunto per fare memoria di questo illustre riminese, al quale peraltro doveva essere intitolato il Museo della Città (ospitato nell’ex Collegio dei Gesuiti dal 1990), evento però mai andato in porto.
Si è dovuto accontentare di una lapide posta nel palazzo in cui dimorò: almeno non è più orfano di questo segno che la municipalità riminese ha inteso dedicare al suo “padre della storia locale”.
La lapide è stata recuperata grazie al sollecito intervento dei Musei Comunali (dopo il restauro curato da Adele Pompili e sostenuto dalla Banca di Rimini) dopo che era crollata nel 2012 a seguito delle eccezionali nevicate degli ultimi inverni per il cedimento dei perni in ferro che la sostenevano dal 1887, quando fu posta in palazzo Tonini per celebrare lo studioso. Antonia Ricci, pronipote del Tonini, e il marito Ruggero Rossi furono i primi a comunicare alle istituzioni culturali l’avvenuto crollo della lapide.
Benefattore che con rara sensibilità ed erudizione studiò e indagò la storia della città tutelandone il patrimonio storico, artistico e archeologico, chi è dunque Luigi Tonini?
Nato a Rimini il 4 febbraio 1807, Tonini a 16 anni perde entrambi i genitori, Francesco e Lucrezia Pedrizzi. Studia prima a Rimini e poi a Bologna, dove si iscrive alla facoltà di legge, dopo aver frequentato fisica e filosofia morale. Il Tonini coniugò esemplarmente il ruolo di bibliotecario con quello di storico della città, entrambe professioni considerate attività di pubblico interesse. Ricerca e ordinamento delle fonti si fondono con il mestiere di storico. Grazie al Tonini direttore della Biblioteca, la Gambalunghiana si arricchì della raccolta di manoscritti, pergamene e reperti archeologici di Domenico Paulucci (1855), delle collezioni di Michelangelo Zanotti (1861) e dell’immensa raccolta del sacerdote Zeffirino Gambetti (1871), che contiene l’imponente corrispondenza del Planco.
Tra il 1848 e il 1862 pubblica i primi tre volumi della sua storia riminese, “una delle più erudite e critiche” del secolo, secondo un giudizio di Giosuè Carducci.
Tonini ebbe anche incarichi politici. Fu consigliere e magistrato municipale, corrispondente oggi al ruolo di assessore del Comune, è tra gli 89 soci fondatori della locale Cassa di Risparmio, dove fu anche vicepresidente (1860-64) e consigliere. Sulla porta della chiesa del Suffragio, come ha ben ricordato Antonio Montanari, per i funerali di Tonini venne apposta un’iscrizione in cui lo storico era definito “modestissimo nella meritata gloria, tutto ne’ suoi studi ed alla cure della famiglia, uomo di antica tempra”. Le esequie vennero celebrate dal vescovo mons. Luigi Paggi che nell’orazione ne lodò le virtù di studioso e di cittadino. In occasione della commemorazione della scomparsa, la Giunta comunale non fu in grado di accordare allo scultore Liguorio Frioli la realizzazione di un semibusto (costato 500 lire) per mancanza di fondi di bilancio e si limitò ad una lapide sotto il palazzo del Municipio.
Solo nel 1887, proprio nella casa di Tonini, in piazzetta Ducale, fu inaugurata un’epigrafe come “segno d’onore” alla sua fama. Fama ben presto smarrita, se è vero che dei resti mortali di Tonini non c’è più nessuna traccia al civico Cimitero. Nel ’94, gli fu intitolata una strada, già via S. Maria in Corte, più conosciuta come via del (vecchio) ospedale, posto nell’ex collegio dei Gesuiti, che per mezzo secolo aveva ospitato l’Ospedale Civile nel cuore della città, ora sede del Museo della Città.
Nel libro Rimini avanti il principio dell’era volgare, Luigi Tonini espresse la sufficienza interpretativa e la dubbia attribuzione delle iscrizioni lapidee. In due esempi mise in discussione le attribuzioni del bibliotecario Antonio Bianchi. In ogni caso, Tonini metteva in guardia dalle approssimazioni sulle iscrizioni lapidee e sulle loro incerte origini con puntuali raffronti, il Clementini e gli altri che chiamò «i nostri storici». Incertezze note al Tonini che in Rimini avanti il principio dell’era volgare, nel cap. IV classifica le lapidi antiche e lapidi antiche riminesi. Nell’appendice aggiunse altre tre categorie: “lapidi peregrine, lapidi riminesi spurie o non antiche, lapidi peregrine intruse fra le riminesi”. Non è, ovviamente, il suo caso.
Tommaso Cevoli