Diego Valese aveva 30 anni, una valigia di speranze e il desiderio di un anno diverso da quello da salutare. Tanti sogni portati con sé da Napoli infranti in una sola notte, quella di Capodanno. Alle 7 del mattina, si è spezzato tutto nella stanza d’albergo di Miramare dove il ragazzo era arrivato con tre amici il giorno di San Silvestro. Diego è morto a causa della massiccia assunzione di droghe sintetiche, probabilmente Mdma, probabilmente acquistata prima del viaggio in riviera.
Diego non ce l’ha fatta, Andrea invece può alzare le braccia. Cameriere di professione, per un anno si è chiuso in casa a “servire” veleno nelle sue vene. Preso per i capelli, ha aderito alla proposta della associazione Papa Giovanni XXIII, rialzando testa e cuore. Ora guarda il baratro dall’altra parte della barricata: “Accolgo i ragazzi tossicodipendenti e cerco di aiutarli con la mia esperienza”.
Andrea è uno dei 94 ragazzi usciti dal tunnel che fanno festa insieme ad amici, parenti e familiari. Fanno festa fuori dalla dipendenza, lontano dal baratro, per affrontare la vita a viso aperto e con una rinnovata gioia nel cuore. Sono recuperati dalla tossicodipendenza ma anche da alcol e gioco d’azzardo, una nuova piaga che colpisce ormai con drammatica periodicità uomini maturi e mette a dura prova non solo i conti in banca ma anche e soprattutto le relazioni tra persone e intere famiglie.
Secondo la tradizione iniziata un quarto di secolo fa dal fondatore della Papa Giovanni don Oreste Benzi, la “Festa del Riconoscimento” si celebra il 26 dicembre a Rimini nella parrocchia della “Grotta Rossa”, con una messa nella quale la comunità gioisce alla mensa di Cristo per i ragazzi e le ragazze giunte al termine dei tre anni del percorso di recupero dalla dipendenza.
Tra i 94 festeggiati (tra cui ventidue giovani provenienti da Brasile, Cile, Bolivia, Albania e Croazia) c’è Luigi. Riminese, padre di famiglia e titolare di una nota attività commerciale della zona, si è lasciato alle spalle un passato di giovanissimo lastricato di bugie, droga, depressione e autodistruzione. Sonia, invece, è maestra elementare. Da giovane mamma, non ha saputo fare altro che scappare di notte dalla figlia di 2 anni lasciandole una coppia di biscotti nel lettino, per lasciarsi alle spalle il pianto naturale della piccola e cercare una artificiale via di uscita nella droga per qualche ora. Sonia adesso è una donna nuova, risalita dagli abissi, alle prese con “ferite che per il resto della vita proveremo a rimarginare” mette in chiaro Meo Barberis, storico operatore della APG XXIII. Daniele candidamente non si nasconde le difficoltà. “Ho paura, arrivo dal mondo del contrabbando e dello spaccio e per una vita mi sono sempre rifugiato lì nei momenti di difficoltà, ricadendo nella trappola delle dipendenze”. Daniele ha deciso di rimanere per un anno da volontario all’interno della Papa Giovanni.
La messa di ringraziamento per i 94 recuperati e le loro famiglie è stata celebrata da mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali: <+cors>“per voi la vita incomincia adesso”<+testo_band>.
Giovanni Paolo Ramonda, l’attuale presidente della Papa Giovanni, si augura che la scintilla di vita accenda anche tante altre esistenze. Per questo motivo, in occasione del riconoscimento ha lanciato una proposta. <+cors>“Il 24,5% dei detenuti nelle carceri italiane, secondo dati Istat, è costituito da tossicodipendenti. Se trasformiamo la pena detentiva in un percorso serio presso comunità terapeutiche riduciamo di un quarto la presenza in carcere ma soprattutto attuiamo una pena veramente rieducativa come vuole la nostra Costituzione. L’uomo non è il suo errore <+testo_band>– ha sottolineato Ramonda –. <+cors>Il problema del sovraffollamento delle carceri si risolve attuando pene che portino le persone che hanno sbagliato a cambiare vita”<+testo_band>.
Paolo Guiducci