Rimini non ha più la sua avanguardia culturale. Ovvero il tendone dei libri sul porto, nel senso di ultimo avamposto dedicato alla cultura prima dell’infinito mare. Per diversi anni ci fu anche un analogo tendone sul lungomare poco dopo piazzale Fellini ma non ricordo che la sua chiusura fece più di tanto notizia. Quello sul porto, invece, aveva un suo significato simbolico. Eccezion fatta per il locale sul molo ed estemporanei venditori di lupini, era l’ultima cosa che Rimini offriva a chi si incamminava in mezzo alle onde dell’Adriatico. La cultura poi l’orizzonte. In realtà, mettendo da parte le questioni urbanistiche, più che la chiusura la notizia era che fosse ancora aperto oggi che i libri si possono trovare anche dal benzinaio o al supermercato senza bisogno, soprattutto in inverno, di avventurarsi sulla palata. Ed eolicamente parlando, il tendone lascia un vuoto non solo culturale visto che si beccava anche un po’ di correnti al posto nostro. Per cui, ogni volta che entrando in piazza Cavour da via Poletti sarete colpiti in faccia da una botta di aria dal sapor di salsedine che soffiando dal porto verso il il Grand Hotel è venuta su da viale Principe Amedeo, si è infilata nel sottopasso della stazione, ha preso per Borgo Marina poi alla Domus si è incanalata in via Gambalunga fino alla piazza, vi ricorderete del tendone dei libri che non c’è più.