Rimini e l’Università, anche così si formano i grandi cervelli. L’alleanza tra ateneo e imprenditoria viene riconosciuta ogni anno dal premio “Cultura d’impresa” che anche quest’anno ha celebrato otto laureati del campus di Rimini e otto imprese del territorio che hanno ospitato altrettanti laureandi. “I 47 studenti e le 47 imprese premiate in questi sei anni testimoniano una dinamica positiva di crescita nell’intreccio sempre più stretto tra Università e sistema economico locale. – dicono da Uni.Rimini, l’ente promotore del premio – Un rapporto di collaborazione e integrazione strategico per il futuro del nostro territorio”. Quest’anno è stata istituita anche una borsa di studio in onore di Luciano Chicchi per un neo-diplomato della provincia di Rimini che decide di iscriversi al campus della città.
Degna di nota è la premiazione della studentessa cinese Chen Huanhuan. La sua tesi in farmacia sulla “Progettazione, sintesi e attività biologia di derivati del sulforane” le ha fatto valere il 110 e lode.
Insieme a lei, Silvia Andreini ha conseguito una laurea magistrale in Scienze economiche con una tesi sulla finanza aziendale. Marco Franchi, per Scienze aziendali, ha svolto una tesi sul rischio di liquidità in banca. Per Chimica, Francesca Renzi ha presentato una tesi sulla valutazione del rischio per la salute umana. Nina Berardi, per Scienze motorie, si è occupata di eventi sportivi. Gianmarco Cesarini si è laureato presso la facoltà di Statistica con una tesi sulla reputazione digitale degli hotel. Michela Fontemaggi, per Scienze della formazione, si è dedicata ai bambini con bisogni educativi speciali. Infine, per Lettere e filosofia, Gioia Emilia Russo ha presentato una tesi sulla moda sostenibile.
“Mi è stato insegnato tantissimo ed è stato un rapporto vicendevole, tant’è che mi hanno tenuto per altri mesi oltre al periodo di tirocinio previsto. – racconta la la neo-dottoressa magistrale in Scienze motorie Nina Berardi – Non è scontato essere seguiti così tanto. Le imprese non colgono facilmente l’importanza che queste esperienze hanno per entrambi. Nel mio caso, ad esempio, mi sono occupata della parte gestionale e di sicurezza per eventi sportivi in spiaggia, pacchetti vacanza e multisport invernali e le ricerche da me svolte sono tornate utili all’azienda stessa, perché le hanno permesso di aggiornarsi”. Dare e ricevere, dice Nina: “Questo devono capirlo tutte le aziende del territorio. Noi giovani laureandi siamo per loro delle risorse e, tra l’altro, lavoriamo gratuitamente. Purtroppo ancora molti datori di lavoro pensano che accogliere un giovane sia una perdita di tempo perché deve formarlo, infatti non tutti i miei colleghi sono stati fortunati allo stesso modo. Mi sono molto battuta con i miei compagni per fare passare il messaggio che queste esperienze sono fondamentali, perché si cresce insieme. Sto notando che iniziano ora, le aziende, a svegliarsi anche su questo fronte”.
Anche per Gioia Emilia Russo, laureata con lode in Moda, il tirocinio è stato determinante per la sua carriera, anzi, si è addirittura trasformato in un rapporto lavorativo a tempo indeterminato: “Mi rendo conto di essere molto fortunata, soprattutto ascoltando le storie meno felici dei miei coetanei. Terminate le 150 ore del mio stage presso l’azienda di moda sammarinese Messaggerie mi è stato chiesto di rimanere. Ora la mia figura professionale è cresciuta e mi occupo da un anno e mezzo di tutta la comunicazione locale”. Seppure brevi, questi stage possono rivelarsi come l’occasione di una vita: “Un’azienda capisce che vali anche già dopo un paio di settimane. Quando si sceglie un tirocinio universitario, l’importante è non sottovalutarlo e sceglierne uno che rappresenti la strada dove si vuole crescere”.
Mirco Paganelli