Ventuno nuove chiese. Ma anche quarantatrè nuove costruzioni: canoniche e campanili, opere pastorali e strutture varie. Ad esempio, la mensa per universitari “La tavola Pitagorica” e lo studentato per universitari di via Santa Chiara, a Rimini, che testimonia una volta di più l’impegno della Chiesa riminese sul fronte dell’università. Ma anche l’archivio “Beato Marvelli” e la chiesa romanica di San Salvatore, un luogo di pellegrinaggio e grande devozione mariana come il santuario Madonna di Bonora, la nuova sede della Caritas diocesana in via Madonna della Scala e il Punto Giovane di Riccione, luogo di aggregazione giovanile ormai affermatosi a livello provinciale e non solo. Alle nuove edificazioni vanno aggiunti oltre 150 interventi di consolidamento statico e restauri del patrimonio religioso esistente.
Sono solo alcuni dei numeri che accompagnano trent’anni di lavori e di pregevoli realizzazioni, interventi non solo strutturali ma soprattutto a servizio di una comunità che la Diocesi riminese ha messo in campo. I numeri, per quanto precisi, non riescono però a dire più di tanto: le persone che hanno animato i progetti, l’anima che ha percorso queste avventure, le comunità che hanno accompagnato prima, durante e dopo la realizzazione di queste opere. Le immagini sono un ulteriore aiuto. Per questo, e per una sempre maggiore desiderio di trasparenza, la Diocesi di Rimini ha realizzato un volume il cui titolo ben racchiude la prospettiva che ha animato questi trent’anni: Tesori senza tempo. Viaggio tra restauri, recuperi e nuovi edifici di culto (ilPonte edizioni). Oltre 220 pagine nelle quali avventurarsi in quella frazione di tempo che ha abbracciato l’approssimarsi del Terzo Millennio e il suo primo decennio a Rimini, nel quale si sono avvicendati quattro vescovi nel servizio episcopale (Locatelli, Tonini, De Nicolò e l’attuale Lambiasi) e tante iniziative. Chiese, nuove costruzioni, restauri e consolidamenti hanno richiesti investimenti, anche ingenti. La parte del leone, nell’esborso di denaro necessario a realizzare le opere in questione, l’ha fatta la Diocesi (46% della spesa totale), seguita dalle stesse parrocchie (32%). Importante però anche la quota di investimento messa a disposizione dalla Conferenza Episcopale Italiana (12%) e comunque non indifferente quella fornita da altri soggetti (10%).
Luoghi di culto, certo, ma anche campi da calcio (Torre Pedrera e Castelvechio di Savignano, ad esempio), musei (Roncofreddo) e sale di comunità (Bordonchio >nella foto e Viserba Sacramora), centri per la gioventù (San Mauro Pascoli), scuole materne (Misano): l’elenco delle “pietre” poste è lungo e articolato, ma soprattutto coinvolge pietre umane. “Quando si tratta di chiese, è in gioco il volto umano della Chiesa. La chiesa-edificio sta alla Chiesa-comunità, come la casa sta alla famiglia. – è il paragone utilizzato dal Vescovo Lambiasi – Non si pensi però ad un rapporto puramente strumentale: come la casa non è un semplice contenitore della famiglia che vi abita, così la chiesa non si può ridurre a una struttura meramente logistica” . La chiesa di pietra è insieme segno-immagine della comunità cristiana e al contempo le permette di realizzarsi come Chiesa in ascolto e in preghiera, come Chiesa che celebra e fa festa, unità in fraternità e aperta – in maniera sempre più trasparente – all’accoglienza dei più poveri.
Paolo Guiducci