Il 4 ottobre 1861, in un Regno d’Italia nato appena il 17 marzo di quell’anno, il principe ereditario Umberto di Savoia, futuro re Umberto I, inaugurava il tronco ferroviario Rimini – Forlì, con il quale non c’era più soluzione di continuità per i binari che da Piacenza a Rimini si erano affiancati alla plurisecolare via Emilia, confermando la validità del suo percorso. Ma i lavori proseguivano: il 14 novembre di quello stesso anno, completato il ponte provvisorio (di legno!) sul Po, il treno da Piacenza raggiungeva Milano, mentre già il giorno 10 la stazione di Rimini aveva visto l’arrivo da Torino del sontuoso Treno Reale con a bordo il re Vittorio Emanuele II, venuto a inaugurare la linea Rimini – Ancona aperta al pubblico il successivo 17. Era così attivato l’asse ferroviario più importante al servizio della nostra città, a cui si aggiungeranno le ferrovie per Ravenna e Ferrara, nel 1889, per Verucchio nel 1916, prolungata a Novafeltria nel 1922 e chiusa nel 1960 e infine, nel 1932, la sfortunata linea per San Marino, la prima con trazione elettrica, interrotta per fatti bellici nel 1944 e mai più ripristinata.
Sull’asse Bologna – Ancona, allora come oggi, furono subito utilizzati i mezzi di trazione più potenti e veloci, che non ebbero certo difficoltà ad imporsi sulle lente e costose diligenze a cavalli. Le prime locomotive apparse a Rimini appartenevano alle Strade Ferrate Romane, che gestivano la linea in virtù di una concessione, risalente allo Stato della Chiesa, con la quale papa Pio IX aveva disposto la costruzione e l’esercizio della ferrovia Roma – Ancona – Bologna. Tali vaporiere potevano esprimere velocità massime comprese fra 40 e 70 km/h e velocità in servizio ordinario fra 30 e 50 km/h, che a noi oggi appaiono molto limitate, ma che all’epoca si confrontavano con i 10 km/h circa delle diligenze. La richiesta di servizi sempre più celeri (evidentemente la velocità affascinava anche i nostri avi) portò con il progresso della tecnica a nuove e più potenti locomotive, dato anche il continuo estendersi dei binari con conseguenti maggiori percorrenze dei treni. Le Strade Ferrate Meridionali, subentrate alle Romane nel 1865, nel 1872 raggiunsero con la ferrovia Otranto, completando l’itinerario da Bologna e venendo così a servire l’intera costa adriatica a sud di Rimini.
Dall’orario del 1877 apprendiamo che, partendo da Rimini alla ore 5.51 (diretto 7) si giungeva ad Ancona alle 8.10, a Foggia alle 16.00 e a Brindisi alle 22.30: nulla di paragonabile agli incerti collegamenti stradali, che facevano spesso preferire il pur lento cabotaggio marittimo per gli spostamenti fra le città costiere. Verso nord, partendo da Rimini alle 9.11 (diretto 4) si era a Bologna a mezzogiorno in punto, da dove si poteva ripartire alle 12.55 con un altro diretto proveniente da Roma e giungere a Torino, via Piacenza e Alessandria, alle 20.25. Nel frattempo, con l’apertura del traforo del Fréjus nel 1871, era stato deviato in Italia il treno postale Valigia delle Indie che, partendo da Londra, toccava Parigi, Digione, Torino, Piacenza, Bologna e scendeva poi fino a Brindisi, dal cui porto il viaggio proseguiva per via marittima verso Suez e Bombay. Tale treno, nella corsa discendente, fu nel 1890 affiancato dal treno di lusso Peninsular Express che offriva, per la prima volta in Italia, il servizio di una carrozza ristorante. La sua composizione comprendeva anche due bagagliai e due o tre carrozze letti.
Le migliori locomotive furono poste in testa a questi treni e fra esse ricordiamo le Gruppo 180 bis della Rete Adriatica, società nata nel 1885 per la gestione congiunta di linee appartenenti alle già citate Strade Ferrate Meridionali e allo stato, che nel 1905/1906 riscatterà integralmente le ferrovie appartenenti alle principali società private, dando vita alle Ferrovie dello Stato. Le citate locomotive a vapore potevano esprimere la massima potenza a 60 km/h e toccare la velocità massima di 100 km/h. Nel 1895 potevano coprire con la “Valigia” il percorso Bologna – Ancona in 3 ore e 41 minuti, con una sola sosta a Rimini per motivi tecnici. Valigia delle Indie e Peninsular Express scompariranno nel turbine della prima guerra mondiale, ma nel dopoguerra apparve un nuovo prestigioso convoglio, la cui vita fu breve, ma che si guadagnò un posto nel libro di storia delle nostre ferrovie per la sua velocità.
Nell’estate del 1927 la CIWL, la Compagnia Internazionale dei Vagoni Letto che gestiva i principali treni di lusso e che aveva creato nel 1883 il mitico Orient Express, mise in servizio il “Milano – Ancona Pullman Express”, primo treno in Italia ad essere impostato su varie tratte alla velocità di 100 km/h, con autorizzazione a raggiungere i 110 km/h per recuperare ritardi. Il suo servizio riguardava anche la costa romagnola, con fermate a Rimini, Riccione e Cattolica. Ma lusso e velocità costavano cari: il biglietto per accedere alle favolose “carrozze Pullman” aveva un prezzo circa quadruplo rispetto ad un analogo titolo di terza classe. Riproposto nelle stagioni estive 1928 e 1929, questo treno fu poi soppresso, in quanto al risultato tecnico non era seguito il successo commerciale sperato.
Bisognerà attendere l’elettrificazione dell’intera Milano – Bologna – Ancona, inaugurata il 14 novembre 1938, per vedere ancora velocità di rilievo, quando per coprire i 423 km fra le due città estreme basteranno 4 ore, grazie a locomotori elettrici ed elettrotreni. All’epoca, per fare lo stesso percorso, le poche automobili impiegavano un tempo quasi doppio, su strade ormai tutte asfaltate, ma attraversanti numerosi centri abitati di ogni dimensione.
Dopo i disastri della seconda guerra mondiale e la faticosa ripresa ci volle molto tempo perché la velocità tornasse ad essere un obiettivo prioritario, a fronte di un traffico a lungo percorso crescente e dell’incipiente fenomeno del pendolarismo, esigenze molto diverse da affrontare con una rete ferroviaria ricostruita così com’era, senza alcuna modernizzazione. La soluzione fu correttamente individuata, almeno per le linee principali più sovraccariche, nel raddoppio delle stesse, con un tracciato più favorevole che permettesse di sfruttare al massimo le possibilità offerte dai treni moderni. Purtroppo una politica dei trasporti sbilanciata in favore dell’automobile e dello sviluppo autostradale ritardò notevolmente l’attuazione di questo progetto: la prima linea veloce, la Firenze – Roma, iniziata nel 1970 fu completata solo nel 1992, per polemiche e mancanza di fondi. Si è fatta poi strada la consapevolezza che la ferrovia, sistema di trasporto a basso impatto ambientale, andava rivalutata e che la costruzione di linee veloci sgombrava le linee tradizionali dai treni a lungo percorso, conflittuali con i treni pendolari e merci, che potevano così essere incrementati e meglio gestiti. Da questa presa di coscienza, propiziata anche dai successi dei velocissimi TGV francesi e da precisi indirizzi della politica europea, è derivata un’accelerazione, tuttora in atto, della costruzione di nuove linee, i cui benefici si ripercuotono anche sulle città, come Rimini, non direttamente servite dai nuovi percorsi.
La storia delle ferrovie, o meglio della mobilità in Italia, sta voltando pagina.
Gian Guido Turchi