Siamo all’annoso tema dei figli contesi. Giovedì 31 ottobre nell’aula magna dell’Università di Rimini si terrà la conferenza “I bambini non si incontrano per caso” sul diritto dei minori di essere ascoltati in quanto privi di una rappresentazione sociale e politica. Sarà presente anche Rossella Talia, Presidente del Tribunale di Rimini, che lavora tutti i giorni con le famiglie nella delicata circostanza delle separazioni, in costante crescita. In Provincia dal 2001 al 2012 le coppie coniugate con figli sono diminuite del 10% a fronte di un aumento delle famiglie monogenitoriali del 5%. Sempre più bambini solcano i corridoi del Palazzo di Giustizia. “Da tempo abbiamo attivato un’iniziativa rivolta ai ragazzi delle terze medie per sensibilizzarli sull’importanza del compito di un tribunale nell’andare incontro alle famiglie in difficoltà. In genere, invece, questo luogo spaventa e viene visto come fuori dalla città”, spiega Talia. L’ascolto dei minori in un tribunale può avvenire all’interno di due contesti: i procedimenti penali e civili. Il presidente si occupa di quelli familiari (quindi civili) di tipo contenzioso (non consensuale).
“Rimango da sola con i bambini in un aula apposita per il loro ascolto. In genere li faccio tutti io gli ascolti”. Si valuta come il minore vive la separazione e l’eventuale affidamento ad uno dei genitori. il Presidente parte cercando di mettere il bambino a proprio agio – soprattutto con quelli più piccoli – chiedendogli ad esempio come va a scuola, se ha hobby o squadre del cuore. “Poi gli domando se sà perché si trova lì. Gli spiego perché serve l’ascolto, insistendo sul fatto che non è lui chiamato a decidere sul futuro della sua famiglia”. E su questo punta rimarca: “I figli non devono assolutamente sentirsi addosso il peso di una responsabilità che non è loro”.
Qual è lo scopo dell’ascolto di un minore all’interno di una causa civile? “Non si tratta di una testimonianza dalla quale dipende l’affidamento ad un genitore piuttosto che all’altro; semmai può servire a ricalibrarlo. Non chiedo «vuoi stare col babbo o con la mamma». Mi serve per capire se hanno qualcosa da dire in merito alla fase che stanno attraversando, e per fare emergere delle loro particolari esigenze o disagi. L’ascolto ha un fine educativo e serve ad assicurarsi del corretto sviluppo psicofisico del minore”.
Un atteggiamento comune dei bambini che si trovano in mezzo a genitori litigiosi è il senso di colpa, come se fossero loro il motivo della separazione. “Il momento critico è quando il bambino esce dall’aula ed entrano i genitori. Molto spesso dal di fuori li sentono alzare la voce ed urlare. Questo non va bene, perché possono pensare che il motivo della disputa siano loro. Alcuni si mettono persino ad origliare. Per questo è allo studio uno spazio separato per l’attesa. Si assiste, a volte, a fatti alquanto squallidi. Il principale motivo di litigio fra i genitori sono i soldi. Figli usati come merce di scambio, la cui versione dei fatti viene condizionata da un genitore che vuole salvaguardare i propri interessi garantendosi la custodia del minore, per usufruire delle eventuali agevolazioni economiche”. Capita che i bambini arrivino in tribunale già “istruiti” e indottrinati sulle cose da riferire. “Di solito i genitori vengono avvisati dai loro legali di non comportarsi così, perché tanto poi salta fuori”. E così è. “Attraverso le parole del minore valuto la genuinità del suo bisogno di stare con uno specifico genitore, e capisco se questo bisogno è stato indotto dal genitore stesso”. Capita anche che alcuni genitori si rivelino molto permissivi, che vizino i figli con regalie o che, ad esempio, concedano loro di stare in discoteca fino a tardi per affezionarseli maggiormente.
Come si ascolta un minore? “È fondamentale non fare domande suggestive che possano condizionare la risposta. I bambini sono qui per dire la loro. Verifico cosa fanno con i vari genitori. Talvolta il minore riferisce cose che non vorrebbe far sapere loro: in alcuni casi ho fatto segretare l’atto secondo la sua volontà”. Un atteggiamento, invece, da scongiurare è la strumentalizzazione dell’ascolto. Alcuni minori si presentano pretendendo di sfruttare la giustizia per ottenere il risvolto che più li aggrada, per determinare le modalità di affidamento ai genitori. “Ma non è questo lo scopo dell’ascolto. Al minore non spetta il fardello dello scegliere con chi stare”.
Rispetto al passato, le cose in materia dell’ascolto sono cambiate. “Prima i giudici avevano paura di ascoltare i bambini. C’era una forte resistenza: pensavano di non saperlo fare”. È solo dal 1996 che è stata stabilita una modalità tutelante di ascolto dei minori e dal 2009 sono state istituite le aule apposite. “Ora è cambiata la generazione dei giudici”, che pare essere più sensibile al tema. <+cors>“In più io sono anche mamma, e questo aiuta. <+testo_band>– conclude il presidente Talia – Come tutte le mamme, si acquisisce un approccio da educatore che permette di rapportarsi più facilmente con i bambini di tutte le età”.
Mirco Paganelli