Terrore nello spazio profondo. Provate a girare come una trottola nel nero infinito del cosmo, senza nessun appiglio da afferrare, chiusi nella vostra tuta da astronauta con l’ossigeno che sta terminando, mentre i detriti incombono su di voi e rischiano di colpirvi. L’idea vi inquieta? Bene, al cinema non starete tanto tranquilli sulla vostra sedia, perché il 3D qui assolve bene il suo compito ed amplifica la sensazione di trovarvi vicini a Sandra Bullock e George Clooney, dispersi nello spazio dopo che il loro Shuttle è stato colpito, nel disperato tentativo di raggiungere una delle stazioni spaziali nel cielo. La parte del “leone” è tutta della Bullock, astronauta alla prima missione, con un lutto da superare e tanta paura, “sedata” dalla calma professionale del veterano Clooney, ormai vicino alla pensione.
Il senso di vuoto, l’angoscia inevitabile del “piccolo” astronauta che fluttua tra le stelle terrorizzato per la sua sorte, ma anche lo stupore e la meraviglia davanti allo spettacolo della Terra vista da lassù con la magnificenza dell’aurora boreale (la Nasa ha creduto al progetto e ha fornito alla produzione sorprendenti immagini “spaziali”), fanno parte della sfida con l’impegno in 90 minuti di un set “nel vuoto”.
Gravityè un’operazione molto interessante e intensa, con effetti speciali di prim’ordine, ma principalmente basato su uno scavo piscologico non banale della rappresentazione della “donna dello spazio” che passa da una stazione all’altra, in un universo multiculturale dove però ognuno si tiene stretta la sua identità (nella stazione cinese comandi e istruzioni sono solo nella lingua “nativa” e quindi bisogna affidarsi alla memoria). Voce, primi piani (dentro il casco) e presenza di spirito per un’ avventura nello spazio che cattura.