È stato il più giovane sindaco d’Italia e negli anni Sessanta ha creato le condizioni per lo sviluppo della futura zona artigianale, portando aziende e imprimendo un nuovo volto alla agricola Villa Verucchio. Amministratore capace, uomo politico dall’orizzonte ampio, Giovanni Sarti è scomparso poche settimane fa all’età di 75 anni. Sarti è un personaggio di grande rilievo, ben oltre i confini della sua amata Verucchio, dove la sua figura emerge, sia per la feconda operosità di amministratore pubblico (diventato sindaco a poco più di 21 anni, restò in carico dal 1960 al 1970) sia per il successivo impegno profuso negli anni Ottanta nel campo della cooperazione di credito, in qualità di presidente della Banca di Credito Cooperativo Valmarecchia.
Giovane di saldi principi alimentati nell’Azione Cattolica e nelle Acli, con spiccata tendenza all’impegno sociale e politico, Sarti si inserì con altri giovani D.C. nelle difficili problematiche del dopoguerra nella sua “effervescente” Verucchio. Il suo intelligente dinamismo, alimentato da ambiziosi progetti politico-amministrativi, lo portò nel 1960 a ricoprire la carica di primo cittadino. Partecipammo insieme ad un convegno nazionale a Roma degli amministratori D.C. nel marzo 1961, e nell’occasione Sarti fu applaudito dall’assemblea quale sindaco più giovane d’Italia!
Il decennio dell’amministrazione Sarti non deluse. Il territorio verucchiese da economia agricola si trasformò in un polo industriale di piccole e medie imprese, senza eguali nella circostante realtà riminese. Sbarcarono a Villa Verucchio il Calzaturificio Riviera, la Fonderia Romagnola, l’azienda meccanica Onver, i Mobilifici Parma e Casadei e altre imprese, tra cui Scm. Ciò fu possibile soprattutto per merito dell’Amministrazione che, lungimirante e veloce nei progetti di intervento presso lo Stato, riuscì ad ottenere una rilevante mole di provvidenze di carattere fiscale e creditizio dalla legge delle “Aree Depresse”, specie in favore delle aziende di nuova costituzione.
Il tumultuoso processo di industrializzazione, oltre a rappresentare un fattore di rilevante sviluppo economico e sociale, ha presentato anche nuovi e complessi problemi. Ma Giovanni Sarti è sempre stato “l’uomo del fare”, con prospettive chiare sostenute da una equilibrata determinazione, che ispirava fiducia. Questa sua disponibilità ad assumere compiti e responsabilità, la dimostrò in particolare, non senza esitazioni, nell’assolvere al ruolo di presidente della Banca di Credito Cooperativo Valmarecchia negli anni ’80. Fu un periodo tormentato per alcune vicissitudini interne alla ex Cassa Rurale, che visse divisioni e contrasti, circa l’opportunità di trasferire o meno lo sportello di Vergiano (sede
fondativa) nell’area della Confcooperative (zona sindacati), aperta a prospettive di grande sviluppo.
Giovannino (com’era chiamato dagli amici), col suo nuovo CdA, scelse autorevolmente la via del rinnovamento e dello sviluppo, sia per la Banca sia per la “cooperazione bianca”, alla quale si dischiusero in provincia nuovi orizzonti operativi. In questa visione di operante solidarietà si giunse alla costruzione di una moderna sede unitaria per la BCC Valmarecchia e per Confcooperative. L’unità di intenti venne evidenziata pubblicamente dal Ministro Carlo Donatt Cattin e dai massimi dirigenti nazionali, regionali e locali il 18 maggio 1988, all’inaugurazione ufficiale del nuovo palazzo della Cooperazione.
La figura di Giovanni Sarti si colloca tra la nuova generazione dei cattolici democratici del dopoguerra, nell’impegno sociale e politico, sulla scia di Alberto Marvelli e Giuseppe Babbi. In un presente di progressivo affievolimento dei valori e dell’autentico impegno per il bene comune, torna certamente utile una riflessione sulla testimonianza di fede e di opere di chi ci ha preceduto.
Armando Foschi