Il Cile visto con gli occhi dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. Il riminese don Giampaolo Rocchi (parroco dei Padulli a Rimini, coordinatore del volontariato cattolico scolastico) è stato in Cile in estate con un gruppo di studenti superiori riminesi per un viaggio di formazione. In America Latina ha intervistato il responsabile della zona, Gianni Casadei (che vive a Santiago con Gabriella e una “famiglia aperta”). Emergono così i problemi sociali che attraversano questo paese dalle doppia faccia: da una parte in crescita economica, dall’altro ferito da forti diseguagianze sociali.
Che situazione vive il Cile?
“Il neoliberalismo e il capitalismo prevalente in Cile, sta generando un grande abisso tra coloro che hanno e coloro che non hanno risorse. Sono evidenti disparità a livello socio-economico. Il 14.4% delle persone vive in povertà e dal 2 all’8% in estrema povertà nelle perferie della città. Dall’altra parte il governo cileno afferma che la povertà è diminuita, denunciando e criticando il modello utilizzato per misurarla”.
Abbiamo visto delle manifestazioni. Cosa sta accadendo nel Paese?
“Istruzione e occupazione sono i due temi che oggi portano gli studenti in piazza per chiedere istruzione gratuita e per tutti. La classe operaia, invece, sta chiedendo un salario base decente ed etico e maggiori opportunità di lavoro dal momento che la disoccupazione è aumentata”.
Quali le maggiori criticità del Cile?
“Prima di tutto l’educazione a costo elevato e privilegiato. Se un povero sceglie di studiare si indebita a vita. considerati. Il lavoro malpagato e le leggi che non beneficiano la classe operaia, fanno si che i ricchi diventano più ricchi e i poveri sempre piuù relegati a livelli bassi di esistenza, isolati ed emarginati. Qui si insinua l’abbandono alla rassegnazione, l’alcolismo e le droghe”.
Per questo la comunità ed i suoi fratelli stanno intervenendo su cantieri di povertà?
“Si. Bambini violati nei loro diritti, abbandonati o che hanno genitori tossicodipendenti, criminali o poveri che non possono occuparsi dei figli. A questo punto scattano i progetti di protezione generati attorno a dei nuclei di accoglienza familiari che garantiscano il rispetto dei diritti dei bambini. Giovani e adulti con problemi di droga attraverso un programma terapeutico. Adulti di strada o precari, persone senza fissa dimora offrendo loro spazi per integrarsi, una amicizia e relazioni accoglienti insieme all’alimentazione quotidiana. Adulti con problemi di handicap e senza lavoro.
Noi abbiamo anche visto un Cile… bellissimo!
“Infatti non si può parlare del Cile solo come patologia sarebbe davvero limitativo ed ingiusto. A livello nazionale, il potenziale è grande basti pensare al rame, al sottosuolo, alla grossa risorsa ittica del mare e alle potenzialità del turismo. Per non parlare degli aspetti di religiosità popolare, musicali e di ricchezza culturale. Ma il vero problema sta nel fatto che le risorse sono disponibili solo per pochi ed inaccessibili alla maggior parte della popolazione”.
/b>Tra poche settimane il Cile andrà a votare, cosa si aspetta il paese da questo cambiamento?
“I cileni stanno mostrando il loro mal essere. Si è manifestato un calo di partecipazione con i cittadini che si sono dimostrati passivi e poco disponibili e inclini al cambiamento. Il governo attuale (destra) è stato criticato perché le cose non sono cambiate, ma sono anzi peggiorate”.
Avete appena vissuto l’eserienza della Gmg e la bellezza della presenza del Papa. C’è bisogno di un nuovo impulso di chiesa per i giovani e per la gente cilena? L’apg23 è in collegamento con la diocesi do Santiago per intraprendere questo cammino?
“Papa Francesco genera e ha un impatto forte nella Chiesa universale per quello che dice e rilancia, denunciando l’urgenza e la necessità di un cambiamento, forse perché ha conosciuto e vissuto la povertà in America Latina e conosce bene l’Argentina. Come fratelli dell’associazione viviamo in buona collaborazione e comunione con l’Arcivescovo di Santiago e anche in altre regioni. Spesso il nostro lavoro, però, si sviluppa di più all’interno di progetti familiari e di recupero mirati e con meno visibilità. Dovessimo dirlo con uno slogan un po’ donorestiano <+cors>«È una rivoluzione in Cristo e con Cristo che l’apg23 opera in Cile»”.<+testo_band>.
Questa è terra di scomparsi, torture, di una dittatura che ha schiacciato e piegato una intera popolazione e la democrazia. Che rapporto hanno i cileni con questa memoria?
“Penso che i cileni non dimentichino la loro storia recente, anche se rischiano di perdere velocemente il senso di una memoria che vorrebbero, potendo, cancellare e dimenticare. Le generazioni che hanno vissuto il tempo della dittatura, palesano più chiaramente le ferite ancora aperte e non ancora rimarginate dei segni della insensatezza e della barbarie subita e la si può vedere soprattutto nella paura di pensare in modo diverso e manifestarlo. Le nuove generazioni invece, nate senza dittatura, sono oggi più disponibili, creative e riescono a mobilitarsi e rivendicare i propri diritti”.
Quante persone conta l’Associazione in Cile? Quali prospettive e progetti per il futuro?
“Attualmente siamo in 39 e stiamo intervenendo in vari campi della problematica sociale e di evangelizzazione, in particolare nel campo dell’accompagnamento familiare, relativo al lavoro e al sostegno scolastico. Per noi è sempre un bisogno e dono avere il volontariato, per un bisogno umano e di appoggio e creatività dove tutti siamo mossi per un senso comune, ci si aiuta a riscoprire e valorizzare i valori di una società giusta, dignitosa per tutti, percorsa da uguaglianza”.