Sul fenomeno della prostituzione le cronache non danno tregua. Siamo a Rimini, in piena estate, si alzano gli scudi contro le “donnine” di strada. Gli amministratori locali provano a metterci una pezza con le ordinanze legate al “pubblico pudore” e all’intralcio al traffico e le multe ai clienti che si fermano per “chiedere delle indicazioni stradali” (come accade a Riccione), ma il fenomeno è qualcosa che va oltre la singola ordinanza e va oltre, abbiamo imparato negli ultimi anni, la strada. Le cronache non danno tregua, dicevamo. Notizie si susseguono, una dopo l’altra, rivelando ai nostri occhi un fenomeno sempre uguale a se stesso. Passano le mani, cambiano le nazionalità delle donne sfruttate ma di fatto poco cambia. È del 23 luglio la notizia dell’arresto – da parte della Guardia di Finanza di Rimini – di due persone, due coniugi, cittadini cinesi fermati con l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. I due gestivano un centro massaggi che faceva orario continuato, fino oltre le due di notte. Clienti: solo maschi, naturalmente. La storia è sempre la stessa: le ragazze procedevano con il massaggio e poi chiedevano al cliente se volevano continuare con una prestazione sessuale. Tutto noto, tutto uguale a se stesso. L’immobilità, la tristezza del tutto che non cambia fa a botte con il lavoro di chi sta per strada e da decenni cerca di aiutare le ragazze in difficoltà e chi ha voglia di cambiare vita.
Mara Poggiali è un’educatrice, responsabile di una casa di Accoglienza (Pronta Accoglienza Maria Maddalena) dell’Associazione fondata da don Oreste Benzi, Papa Giovanni XXIII.
Sempre in prima linea sul fronte dell’aiuto alle donne sfruttate, da due anni, in un luogo segreto, lontano da occhi indiscreti, sulle colline della capitale del turismo italiano, l’associazione ha tirato su i muri di questa casa per accogliere chi decide di denunciare e cambiar vita.
Lei, Mara, ci racconta delle sue 9 ragazze (40 ne sono passate da quando ha aperto la casa di Maria Maddalena) e delle difficoltà di una vita spezzata che cerca di rimettersi in sesto. La maggior parte delle donne sono d’origine africana, donne che instaurano un rapporto di fratellanza e che cercano di rimettersi in piedi, un passo dopo l’altro, giorno dopo giorno.
Mara, come arrivano da lei le ragazze?
“I canali sono molti, da quelli che definirei istituzionali, quindi forze dell’ordine, servizi sociali e sanitari, a quelli meno ufficiali del passaparola. Il mio cellulare gira come una trottola, tutti lo hanno e molte associazioni mi contattano da diverse parti d’Italia per mandarmi le ragazze che hanno deciso di dire basta allo sfruttamento e all’umiliazione”.
Le ragazze giungono da diverse parti d’Italia?
“In realtà le ragazze che ci sono adesso, e tutte le ragazze, arrivano da fuori Rimini. È una questione di sicurezza”.
Apriamo una parentesi per dire che in effetti di situazioni spiacevoli ne sono capitate. In un’altra casa gestita dalla Papa Giovanni XXIII tre uomini si sono intrufolati e urlando e minacciando si sono fatti largo cercando «la rumena». La situazione è stata gestita, ma gli educatori che avevano una ragazza rumena proprio a casa Maria Maddalena hanno protetto la ragazza mandandola in un’altra città. Magari non era lei la rumena che i tre stavano cercando, ma meglio non correre rischi.
Cosa vi raccontano?
“Una cosa che mi viene confermata di volta in volta è che quello che ci raccontano quando sono per strada è diverso da quello che ci raccontano in casa. Noi come Papa Giovanni stiamo anche in strada, una sera a settimana, e abbiamo instaurato rapporti, anche solidi, con le ragazze che si prostituiscono sui marciapiedi, ma le storie vengono fuori solo tra le mura di casa. Sarà che si sentono al sicuro, che si aprono ma vengono fuori le storie di sfruttatori, e maman, sfruttatrici anch’esse. Diciamo che fino a quando sono state in strada hanno tirato a testa bassa. Quando entrano qui hanno il modo di elaborare quello che è successo, quello che hanno fatto a loro stesse. È allora che si liberano di tutto”.
Viene fuori anche il modo in cui sono arrivate in Italia?
“Si. Il copione è sempre lo stesso. Si tratta di ragazze che arrivano da famiglie semplici, povere. Vengono avvicinate nel loro paese da persone che conoscono, molto spesso signore, che propongono lavori di cura della casa: tipo baby sitter, pulizie e badantato agli anziani. Poi quando arrivano in Italia le buttano sulla strada. Tra l’altro hanno già accumulato un debito di 40-50 mila euro per il viaggio e naturalmente sono prive di documenti”.
Lei lavora da tanti anni con queste ragazze, poche denunciano. Si è fatta un’idea del perché?
“Paura. Hanno paura perché questi sfruttatori conoscono le loro famiglie. Ci sono capitate storie di pestaggi ai familiari e anche di omicidi. È una storia tristissima e con poca possibilità d’intervento. Come facciamo noi ad entrare in Africa? È un paese dove è diffusissimo il fenomeno della corruzione nelle forze dell’ordine e c’è molto caos. Mancano gli interlocutori. Insomma ci possiamo fare poco. Poi c’è un altro fattore che per noi può essere una sciocchezza ma che per loro è vincolante: il Voodoo”.
Cioè?
“Il Voodoo fa parte della loro cultura. Prima di affrontare il viaggio, queste ragazze, vengono vincolate con una maledizione della quale hanno paura. Ci credono. Credono che succederà loro qualcosa di brutto, che le loro famiglie soffriranno. È una prigione psicologica”.
Problemi sanitari?
“Quasi tutte le ragazze ne hanno. Malattie sessualmente trasmissibili perché, come è noto, i clienti pagano di più se non si usa il preservativo. La parte economica acquista importanza soprattutto per le africane che non vanno molto di moda e vendono una prestazione sessuale per 10-15 euro”.
Angela De Rubeis