In tasca c’è un biglietto per Bologna, destinazione Ozzano per la precisione, dove la congregazione ormai ridotta al lumicino ha richiamato tutte le sue religiose. “Speriamo che la Madre Superiora conceda loro il permesso di trascorrere le ferie estive, le vacanze di Natale e anche il periodo delle prime comunioni” si augura don Giuseppe Celli, il parroco di San Vito. Suor Elisabetta Massa e Suor Elisa Spinosa lo guardano riconoscenti. Trattengono la commozione ma una vita trascorsa a San Vito e in mezzo ai bambini della scuola materna non la si può certo cancellare. Il catechismo, i servizi alla parrocchia, le visite alle famiglie, le recite, l’allestimento del presepe (l’ultimo con i trulli di Alberobello), l’ospitalità alle donne bisognose: le suore a San Vito si sono integrate, “è stata la nostra famiglia”.
L’Istituto delle Suore Francescane Adoratrici, sorto quasi un secolo fa, per mancanza di vocazioni si trova ora ad essere composto solo da diciotto religiose. Una parte di loro sono anziane e non godono di buona salute. Nella casa madre, a Maggio di Ozzano, c’è bisogno della presenza e dell’aiuto di Suor Elisa e Suor Elisabetta: in estate le due religiose si trasferiranno armi e bagagli nella casa madre. “Avevamo fatto un patto, io e loro, – rivela don Celli – che avremmo terminato insieme il nostro servizio a San Vito. Evidentemente anche questa volta si deve dire che l’uomo propone ma è Dio che dispone”.
La prima ad arrivare è stata Suor Elisa. Era il 1973, quarant’anni fa. Il bagaglio era composto da una valigia contenente in gran parte libri, il diploma e i materiali del tirocinio appena concluso a Bologna. “Non sapevo neppure dove fosse San Vito – confessa – mi sono dovuta aiutare con una cartina. E io arrivavo nella casa dell’Istituto, al numero 215 di via Emilia vecchia, senza esperienza né di scuola né tantomeno di superiorato”. Le suore erano tre (di cui una ammalata), i bambini alla materna appena 15. A Natale il numero era già salito a 40, in primavera toccava le 60 unità. Cos’era successo? Si era sparsa la voce: è arrivata una suorina che ha eliminato le tende ai vetri, ha fatto sparire i tappeti a terra. E il passaparola è stato virale. “Puntavo solo al meglio per i bambini” ricorda Suor Elisa.
Anche oggi la scuola materna accoglie circa 60 bambini. Gli scolari di allora sono cresciuti ed ora sono i genitori dei bambini in classe e in qualche caso i nonni: Michela Pagliarani, Federica Carichini, Rina Sancisi, Marco Ricci.
Più d’una generazione si è seduta a tavola nella scuola materna sperando di assaggiare le pietanze di Suor Elisabetta. “Cucinare mi piaceva molto” assicura. Conosceva i gusti dei bambini e li assecondava, cercando di aggirare le renitenze dei più piccoli. Così le uova sode diventavano frittata “e più di una volta l’Ausl si lamentava perché non trovava corrispondenza nei menù” sorride Suor Elisabetta. Frittate e polpette di riso mancheranno nei menù di tanti. “Facciamo la volontà di Dio, siamo fatti per obbedire, lavoriamo per la gloria di Dio. – taglia corto la religiosa – Nel distacco da San Vito c’è sofferenza ma sono sicura che Dio ci precede. E a chi ci chiede: «non tornerete più a San Vito?» rispondo: non leggo nei pensieri del Signore”.
Nella frazione lungo la via Emilia Vecchia le suore di casa. Lo sono sempre state. Don Giuseppe aveva chiesto alla congregazione una religiosa a tempo pieno per la parrocchia, per sei anni Suor Elisa ha sempre risposto presente: catechismo, visita alle famiglie, insegnamento della religione nella scuola elementare. “Sudavo ad ogni lezione” rammenta Suor Elisa dietro gli occhiali. I bambini pendevano dalle sue labbra. “Tanti alunni restavano con noi fino alle 18 e pure oltre, in chiesa con noi a pregare”. E qualcuno si fermava anche a cena: “trascorrevano più tempo con noi che a casa”. Oggi alle 16 la materna chiude i battenti, ma alle suore non interessano i confronti. “Abbiamo accolto tutti, anche diversi bimbi musulmani. – rilancia Suor Elisabetta – Il primo che ha varcato l’ingresso è stato preceduto dal padre . «Adesso mi chiedete di battezzare il bambino?» ha domandato”. E voi come avete risposto? “No, se accetta come noi conduciamo la scuola e i metodi educativi impartiti. Ci hanno ringraziato in tanti”.
La casa di via Emilia Vecchia è sempre rimasta aperta, ospitando nel corso degli anni ragazze straniere, ragazze madri, mamme e figli dell’Operazione Cuore. “In occasione della visita pastorale, il Vescovo Francesco ha illustrato Operazione Cuore, noi abbiamo una casa, perché non ospitare queste persone?, ci siam dette. Ho incontrato don Giuseppe sotto il portico: anch’io ho avuto la stessa idea, la risposta del don”. E così le Francescane Adoratrici si sono imbarcate anche per questa avventura.
Per un periodo Suor Elisa è stata trasferita a Pisa. “In Toscana mi domandavano: stai meglio qui o in Romagna? La risposta è sempre stata la stessa: a Rimini nessuno ci ha mai chiuso la porta, sono ospitali, anche chi non la pensa come noi”. Dopo 40 anni, ora Suor Elisa deve dire addio a quella terra ospitale che l’ha adottata come donna, religiosa ed educatrice. “Come una buona moglie segue il marito, così noi seguiamo Cristo che per primo ci ha scelto. La situazione dell’Istituto richiede la nostra presenza a Bologna, e noi andremo, anche se la sofferenza per il distacco esiste”. In fondo la nuova casa delle suore di San Vito dista solo un’ora di auto. E la loro storia è stata “fissata” da don Giuseppe e da Piero Ricci in un libro, Le Suore Francescane di San Vito. 80 anni di presenza (edizioni il Ponte). Quel seme piantato nel 1933 continuerà a portare frutto. A San Vito ne sono convinti.
Paolo Guiducci