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Meno soldi in patria

In una via del centro studi della Colonnella, fino a qualche settimana fa c’era un negozio di parrucchiera gestito da una giovane ragazza italiana. L’altro giorno aveva le serrande abbassate: sulla vetrina campeggiava un cartello:“Prossima apertura: parrucchiere cinese”. Chi chiude e chi apre, vendendo gli stessi servizi. Segnale di una trasformazione in atto che vede sempre più protagonisti i nuovi cittadini stranieri.
Per avere un’idea più concreta della loro influenza sull’economia locale, partiamo da qualche dato demografico. La popolazione immigrata residente, nonostante la crisi che colpisce anche Rimini, non cessa di aumentare. A fine 2012 aveva raggiunto le 35 mila persone, il 10,5% del totale. Questo in valore assoluto, perché in termini di incremento annuo, gli effetti della crisi si fanno sentire anche tra gli immigrati: quasi del 17% l’aumento dei residenti nel 2010, poco più del 5% nel 2012.
La crisi si manifesta nel minor ritmo d’incremento dei residenti ma anche nella diminuita capacità di inviare denaro nei Paesi e alle famiglie d’origine. Dal 2011 al 2012, infatti, lavoratori e imprenditori stranieri operativi nel territorio riminese, hanno mandato in patria 2 milioni di euro in meno, da 34 a 32 milioni.
È la prima volta che capita negli ultimi otto anni. In valore pro capite la somma è di 100 euro in meno, da 1.027 a 917 euro. Poco superiore a quanto gli immigrati riminesi erano riusciti a mandare nel 2005 e molto lontana dai 1.365 euro del 2007, quando fu raggiunto il picco, giusto l’anno precedente lo scoppio della crisi, nell’autunno del 2008.

I dati nel dettaglio
Tra i paesi che ricevono, nel 2012, più rimesse dai familiari emigrati a Rimini, in prima fila c’è la Romania con 6 milioni di euro, seguita dal Senegal con 4,2 milioni, quindi Cina a quota 3,1 milioni e Ucraina con 2,6 milioni.
Il flusso di denaro verso la Grande Muraglia ha però una particolarità: è l’unico a crescere ininterrottamente negli anni, nonostante la crisi economica e occupazionale che attanaglia anche la nostra provincia. Nel 2012, rispetto all’anno prima, è addirittura salito da 2 a 3,1 milioni di euro, con un aumento del 55%. Nel 2009 non raggiungeva i 300mila euro.
La crisi sembra quindi favorire l’economia degli immigrati cinesi, compreso i parrucchieri, che praticano prezzi scontatissimi, anche se con qualche limite d’igiene. Ma con la crisi tante signore non possono andare troppo per il sottile.

Primo Silvestri