La jeep bianca si ferma tra la folla in piazza San Pietro, il Papa scende e accarezza la fronte di Cesare, disteso su una piccola barella.
E ancora, a distanza di qualche giorno, l’abbraccio intenso e prolungato con un bambino disabile durante le celebrazioni per la Pasqua.
O il saluto con il giovane giornalista non vedente accompagnato dal cane Asià alla prima udienza con gli operatori della comunicazione.
Non è una sequenza casuale quella scelta da Papa Francesco in questo primo mese di pontificato. Sono le persone disabili, nel corpo o nella mente, ad essere costantemente al centro dei gesti pubblici del Santo Padre.
Dalle periferie della società al cuore della Chiesa, il movimento centripeto impresso dal Papa al mondo della disabilità sfida le prassi consolidate che trovano nell’assistenzialismo e nella commiserazione la cifra distintiva dell’attenzione ai fratelli in difficoltà.
Sembra quasi che Papa Francesco stia tracciando, con una ripetizione affatto casuale e una vicinanza fisica all’esistenza in qualsiasi condizione vissuta, il percorso da seguire per la Chiesa: guardare alla persona e non alla disabilità, valorizzare le risorse e non concentrarsi sulle debolezze, alzare lo sguardo per comprendere il mistero profondo della vita.
Da una Chiesa presente e accudente, che da secoli presta un servizio insostituibile con le sue “opere pie” di aiuto socio-assistenziale, a una Chiesa accogliente e aperta, che renda protagonista la persona e non resti prigioniera della paura verso la diversità. Meno barriere e più coinvolgimento, a partire dalle parrocchie. Perché sia l’uomo al primo posto, sempre e comunque.
Riccardo Benotti