Mancano ancora un paio di settimane all’apertura del 33° Campo Lavoro ma in tutta la Diocesi i volontari sono già da tempo al lavoro per presentarsi puntuali all’appuntamento in programma il 13 e 14 aprile. In molte parrocchie è già iniziata, o sta per iniziare, la distribuzione dei sacchi per la raccolta porta a porta, che saranno poi ritirati dai campolavoratori nel corso della due giorni. Quest’anno i sacchi hanno raggiunto la cifra record di 150 mila per altrettante famiglie, a testimonianza delle sempre più estese dimensioni di una iniziativa che coinvolge ormai a tappeto il mondo della chiesa riminese e non solo. Intanto mentre si stanno transennando i piazzali a Rimini, Riccione, Bellaria e Villa Verucchio, la raccolta è già in pieno svolgimento nelle scuole. Giocattoli libri, indumenti portati da casa e ritirati dai volontari per essere rivenduti nei mercatini dell’usato. Sono decine, inoltre, anche le scuole materne ed elementari del riminese che partecipano al progetto proposto dal Campo 2013 per sensibilizzare piccoli e piccolissimi sui temi della giustizia sociale, del risparmio delle risorse della natura, degli stili di vita. Perché la quantità enorme di materiali che si accumulano nei piazzali e nei cortili delle scuole, oltre che fonte di aiuto per i nostri missionari, diventino anche motivo di riflessione. Sui nostri consumi, su quanto buttiamo e “ci” buttiamo, sulle drammatiche diseguaglianze di un mondo dove c’è chi spreca e chi non ha il necessario per vivere.
A scuola di solidarietà
Kindara è una ragazzina di 13 anni. Abita a Karansi, in Tanzania, alle pendici del Kilimanjaro. Qui sta sorgendo la nuova scuola sostenuta dall’associazione “Cattolica per la Tanzania”, una delle destinazioni del 33° Campo Lavoro. Recuperando un vecchio rudere, una parte dell’edificio è già stato aperto all’inizio del 2012 ma per completare il progetto mancano altri due dormitori, un alloggio per gli insegnanti, un laboratorio di chimica, uno di fisica e occorre anche allargare il refettorio per far posto ai 600 ospiti previsti, tra studenti e insegnanti. La scuola di Karansi funzionerà infatti come un college residenziale per consentire a Kindara, e a tanti altri ragazzi come lei che abitano in villaggi lontani, di dedicarsi a tempo pieno allo studio, senza sobbarcarsi ogni giorno ore di cammino e senza doversi poi occupare dei lavori domestici una volta rientrati a casa. Kindara ci racconta la sua storia in un filmato distribuito alle scuole di Rimini e Riccione che partecipano al progetto educativo che ruota quest’anno attorno al tema diritti/doveri, intesi come binomio inscindibile. “Chiama un diritto, risponde un dovere” è il titolo del progetto che, con l’aiuto di un kit didattico, solleciterà i bambini a riflettere su quanto diversa (e fortunata) sia la propria condizione di vita, se raffrontata con quella dei coetanei che abitano dall’altra parte del mondo. Fino ad arrivare a capire che, se a ogni diritto corrisponde un dovere, “chi ha avuto molto dalla vita dovrà impegnarsi a fare qualcosa per chi ha avuto troppo poco”.
Quell’angolo d’Africa dalle parti del Conca
La scuola di Karansi è solo l’ultimo dei progetti avviati in questi anni da “Cattolica per la Tanzania”, un’associazione nata quasi per caso ad opera di tre amici cattolichini: Maurizio Lugli, medico; Gianfranco Andreani, pediatra; Fausto Bersani Greggio, professore di fisica; ai quali presto si aggiunse Ezio Angelini, presidente del Lions Club Valle del Conca. Fatale fu l’incontro, nel maggio 2007, con Padre Calistus Tarimo, un sacerdote tanzaniano che li incantò con le storie della sua terra. Un luogo meraviglioso e poverissimo, abitato dal popolo masai, ai piedi del Kilimanjaro. Un luogo dove c’era bisogno di tutto: assistenza sanitaria perché da quelle parti si muore ancora di cancrena solo perché l’ospedale è troppo lontano e poi scuole, acqua, energia elettrica. Gli amici di Cattolica non se lo fecero ripetere due volte e, da quel momento, iniziarono l’andirivieni con l’Africa portando alimenti, medicinali, indumenti, sussidi scolastici e poi un impianto fotovoltaico e una pompa per sollevare l’acqua potabile. Gli amici tanzaniani ancora si stupiscono nel vedere con quanta allegria i volontari cattolichini affrontano tutta questa fatica. Il segreto lo leggiamo in una pagina del loro sito: <+cors>«Mercoledì 12 novembre il “miracolo”: esce acqua dalla cisterna e tutti i bambini si gettano sotto la loro prima doccia. Vedere i loro occhi, sentire le loro grida di gioia, i loro abbracci di ringraziamento, ha fatto sentire meglio anche noi. Siamo tornati più ricchi dentro, con la voglia di fare ancora tanto per loro… »<+testo_band>. (www.cattolicaperlatanziania.net)
In Sri-Lanka serve un pulmino per la Papa Giovanni
Siamo a Ratnapura, in Sri-Lanka, una cittadina situata a 100 km da Colombo, la capitale. Qui dal 2005 è presente la Comunità Papa Giovanni XXIII, con una missione sin dall’inizio impegnata ad accogliere bambini disabili (qui tenuti nascosti, perché della disabilità ci si vergogna) ma anche orfani, anziani abbandonati, mamme in difficoltà e altre persone emarginate.
In missione operano Massimiliano Macrì, l’attuale responsabile, Claudio Brighi di Santarcangelo, Pier Paolo Della Marchina di Rimini ai quali spesso si aggiunge Sara Foschi, missionaria di Bellaria, che vive in Bangladesh da 12 anni. Quest’anno la Papa Giovanni si è rivolta al Campo chiedendo un aiuto per l’acquisto di un pulmino che sarà utilizzato per trasportare al lavoro ragazze del posto Impiegate nel laboratorio di cucito avviato da tre anni dai missionari. Il laboratorio, che occupa 12 ragazze più tre ragazzi disabili, non è che l’ultimo progetto promosso per offrire opportunità occupazionali alla popolazione locale. Basti ricordare il laboratorio per la lavorazione del legno e del cocco, avviato nel 2006 e che oggi impiega dieci ragazzi disabili seguiti da un falegname. O il “progetto mattoni” dove lavorano 3 ragazzi impegnati nella produzione di laterizi rivenduti sul mercato locale. E senza dimenticare le altre attività di accoglienza e di aiuto nella missione: una casa famiglia, due strutture di accoglienza per uomini e per donne (12 persone ospitate complessivamente), due doposcuola pomeridiani frequentati da oltre 70 ragazzi, un servizio mensa per un centinaio di poveri, un servizio sanitario e un “progetto casette” per aiutare famiglie disagiate a ristrutturare o ricostruire le proprie misere abitazioni.
Un aiuto tra “colleghi”.
La chiesa dei missionari Cappuccini
in Etiopia
Campolavoratori anche loro. Sono i missionari Cappuccini dell’Emilia-Romagna che da anni, nel loro convento di Imola, conducono un’analoga esperienza di “Campo Lavoro e Formazione”. In pratica un grande mercatino dell’usato per raccogliere fondi, da destinare alle loro missioni sparse nel mondo, ma anche per sensibilizzare giovani di ogni età e appartenenza sui temi delle povertà nel sud del mondo. Anche a questi “colleghi”, che già si sono impegnati a collaborare all’organizzazione del Campo 2013, saranno riservati parte degli utili. Contribuiranno alla costruzione della nuova chiesa nella missione del Dawro Konta, a Tarcia, nel sud dell’Etiopia. Qui, dove per lungo tempo è stato presente anche il santarcangiolese padre Adriano Gattei, si contano 4mila cristiani sparsi su dieci villaggi, ognuno con una cappella e una piccola scuola. Da sempre impegnati nell’opera di evangelizzazione e in iniziative sociali (centri educativi, ambulatori, progetti di sostegno al lavoro), oggi i frati necessitano di una nuova chiesa perché quella vecchia non è più adeguata come luogo di aggregazione. E il Campo Lavoro ha deciso di dare una mano.
(Ulteriori informazioni su www.centromissionario.it/cms/)
Alberto Coloccioni