A meno di una settimana dalla tornata elettorale cerchiamo di fare il punto sulle posizioni dei principali partiti su alcuni temi chiave quali il lavoro, il taglio delle spese della politica e l’istruzione.
Molte di queste proposte, emerse negli ultimi mesi con sempre maggior forza, sono diventate materia comune di discussione e tutti i partiti in maniera diversa, se ne sono fatti portavoce. Il primo nodo che dovrà sciogliere la futura coalizione di governo (perché non sarà certo un singolo partito ad avere questo compito, data la frammentarietà dei movimenti)è quello di tracciare una strada per uscire dalla crisi. I due binari su cui tutti i politici impostano le loro campagne sono da un lato gli incentivi per il lavoro, e dall’altro il taglio delle spese.
Tra promesse faraoniche e progetti concreti, i movimenti e le liste cercano di affrontare il problema di petto. I numeri della crisi sono preoccupanti. Solo sul nostro territorio, il 2012 è stato l’anno dei record con 9 milioni e mezzo di ore di cassa integrazione (ben 2 milioni in più del 2011), e con 20mila lavoratori che hanno chiesto la disoccupazione (4mila in più dell’anno precedente), e un totale di 90 aziende chiuse per fallimento.
Quali sono per i principali partiti le priorità per aiutare il mondo del lavoro?
Secondo il Partito Democratico il paese deve coniugare l’attività imprenditoriale con quella lavorativa, cioè dare alle imprese la possibilità di lavorare, attraverso finanziamenti e liquidità e ai lavoratori una maggiore sicurezza col lavoro. Altro punto su cui insiste il partito di Bersani è la defiscalizzazione per quelli che assumono.
Quest’ultimo punto sembra diventato il cavallo di battaglia di tutti i partiti, tra cui Pdl e Lega che tra le altre cose propongono anche un ritorno della Legge Biagi, lo sviluppo del telelavoro e l’incoraggiamento a forme di pensione integrativa.
La lista Monti, per quanto riguarda il lavoro, difende ovviamente la riforma Fornero e indica le radici del problema nell’ultimo ventennio di politica. La lista civica si propone anche di favorire le categorie più deboli, in particolare giovani e donne, e di creare degli incentivi sul piano fiscale per favorire l’occupazione.
Secondo il Movimento 5 Stelle parlare di emergenza lavoro è un falso problema perché l’Italia soffre di un serio problema di carattere culturale e di impostazione legato allo sviluppo dell’occupazione. Il progetto della lista di Grillo riguarda un forte sostegno alla piccola e media impresa simile alle proposte fatte da Hollande in Francia. Anche in questo caso si parla di defiscalizzazione delle nuove imprese per i primi due o tre anni, abbassamento del costo del lavoro, e il reddito minimo di disoccupazione. Ma anche nuovi investimenti nei settori agricoltura e turismo.
Per il movimento di Ingroia la riforma del lavoro passa dal ripristino dell’articolo 18 e comunqued all’abolizione della riforma Fornero. Secondo Rivoluzione Civile servono investimenti soprattutto nella ricerca, nello sviluppo di politiche industriali che rinnovino l’apparato produttivo, nelle energie ecosostenibili e una defiscalizzazione delle piccole e medie imprese. Un altro elemento chiave, per Rc è una forte e chiara politica antimafia, dato che la criminalità organizzata distrugge le risorse del paese.
Qualsiasi partito, in queste settimane, parla di tagli al costo della politica. È in parte anche una mossa demagogica ma affronta un problema per certi versi non più rimandabile. Il movimento che più di ogni altro sente propria questa battaglia – nel bene e nel male – è il 5 Stelle. Il partito di Grillo propone l’abolizione dei rimborsi elettorali, il taglio dei parlamentari, il tetto massimo di due mandati per ogni eletto e l’abolizione della pensione parlamentare.
Su una linea simile si muove Rivoluzione Civile che chiede, nel programma, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e della diaria parlamentare, e, fuori dalle aule di Montecitorio anche un tetto per i compensi dei consiglieri regionali e dei dirigenti pubblici.
Anche il Pd ha tra i suoi punti il dimezzamento dei parlamentari e un ridimensionamento sia del finanziamento pubblico ai partiti che dell’emolumento dei parlamentari – da adeguare alla media europea.
Stessa linea anche per Pdl e Lega: abolire il finanziamento pubblico ai partiti, dimezzare tutti i costi della politica, abolizione degli enti inutili e allineamento dei costi di beni e servizi in tutte le regioni e gli enti al valore più basso.
La lista Monti punta alla riduzione dei contributi pubblici a partiti e gruppi elettorali, ma soprattutto all’introduzione della trasparenza dei bilanci, divieto di cumulo di indennità e altre retribuzioni e l’obbligo di dichiarare interessi economici e patrimoniali all’inizio e alla fine del proprio incarico.
Impegni generici, altri di principio e altri, invece, più specifici. I partiti si danno battaglia su temi cari a tutti gli elettori. Viene quasi da dire che, al di là delle posizioni e delle coalizioni, vogliano tutti le stesse cose…
Stefano Rossini