Le parole creano legami e i sentimenti hanno il potere di dar vita a un lessico nuovo: succede fra innamorati, ma succede anche fra un ricercatore e l’oggetto della sua ricerca. La tensione affettiva è uno degli elementi fondamentali al centro dell’incontro ”I sensi della pittura. Guercino e il teatro degli affetti”, secondo appuntamento del ciclo “I Maestri e il Tempo” (promosso nella sua terza edizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e curato dallo storico e critico d’arte riminese Alessandro Giovanardi).
Il terzo incontro è previsto venerdì 15 febbraio, sempre alle 17.30, con Angelo Mazza (storico dell’Arte, Ispettore Onorario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali) che terrà una lezione su “Fra Cosimo da Castelfranco, pittore visionario”.
A guidare il pubblico come sempre numerosissimo (tanta gente in piedi) attraverso il percorso artistico e personale di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, una delle personalità più importanti del nostro Seicento pittorico, è Massimo Pulini (nella foto), Assessore alla Cultura del Comune di Rimini, storico, critico d’arte e artista egli stesso. 55 anni da compiere, cesenate d’origine, Pulini nel corso della sua carriera ha curato numerose e importanti mostre sul pittore, dalle fondamentali esposizioni organizzate a Cento, città natale dell’artista, alla mostra riminese sul “Guercino ritrovato” del 2002.
Forte di un legame profondo sia conoscitivo sia affettivo con le opere di questo artista, Pulini guida alla scoperta della sua poetica e della sua produzione attraverso alcune parole significative, in primis “teatralità” e “affetti”. È forse qui che sta la modernità di questo pittore, potente e sentimentale al tempo stesso. Parlando del Guercino, la poetica degli affetti, atteggiamento fondamentale per tutto il Seicento, è un punto di vista privilegiato per comprendere la peculiarità di questo pittore, che nelle atmosfere popolari e contadine del piccolo paese di Cento vive la prima parte della sua vita e della sua carriera.
E così ci troviamo di fronte a quella che sembra la semplice rappresentazione di una fiera di paese (Fiera sul Reno Vecchio, scoperta dello stesso Pulini), e che si rivela essere qualcosa di più. Qui, in modo naturale, accanto all’arte emerge la potenza della parola.
L’espressione appropriata e più calzante sembra scaturire dai dipinti stessi: “da quadri di questo tipo ho cominciato a parlare di «umano paesaggio», qualcosa che racconta la cultura di un luogo cercando momenti che hanno in sé un aspetto caricaturale, ma di una caricatura bonaria”.
Nei densi chiaroscuri, nei guazzi fugaci del pennello, nella freschezza pittorica tutta particolare di un paesaggio troviamo, infatti, un “microcosmo” fatto di personaggi e caratteri delineati: c’è l’imbonitore, i venditori, gli abitanti del paese, e persino “un pescatore che sembra lanciare uno sguardo complice allo spettatore, lasciando intendere un intimo commento della scena, e dando l’effetto di qualcosa che ha a che fare con l’amarcord felliniano”.
La scena di mercato e della fiera di paese è, insieme alla natura morta o ai paesaggi come soggetti autonomi, uno dei generi che proprio nel Seicento nascono o trovano sviluppo: quelle che il Guercino tratteggia sono scene di grande freschezza, tanto che le atmosfere di festa durante la fogaraccia, le scene teatrali in cui un intero paese sembra prendere vita in modo a volte quasi scherzoso, hanno in sé quella matrice caricaturale “che troviamo in Fellini e che per lui era imprescindibile”. Non solo, ma “i rari e straordinari dipinti giovanili di paesaggio documentano una visione onirica del paesaggio stesso, che anticipa ciò che poi prenderà il nome di romanticismo, portando già in sé quell’unione di pittoresco e sublime, e lasciando da parte una visione «scientifica», descrittiva, in favore di una visione tutta emotiva”.
Nel Guercino giovanile, ancora lontano da quegli ambienti romani che avranno un’influenza così pesante sul suo stile,troviamo tutta la freschezza e la potenza pittorica della sua arte.
Una delle peculiarità del Guercino è anche quella “curiosità che lo porta a creare immagini abbozzate che hanno in sé un forte aspetto caricaturale, ma al tempo stesso una percepibile vicinanza sentimentale”.
Questo sguardo dell’artista, bonario anche nella caricatura, emerge ancor più nella miriade di schizzi e disegni, conservati dai nipoti dell’artista stesso, che ci regalano immagini vivaci ed evocative.
Il Guercino, così detto a causa del suo strabismo, deve forse anche a questa caratteristica fisica, che in vita gli ha creato non poche difficoltà, quella sensibilità tutta particolare che mostra di avere per gli affetti. Affetti che, pure con un lieve slittamento semantico, oggi come allora altro non sono che i sentimenti.
Giulia Catenacci