Non c’è tristezza maggiore di quella di vedere un cristiano uscire dalla Messa così come è entrato! Una tristezza corrispettiva a quella di veder celebrare un sacerdote con la “funzione automatica”. L’Eucaristia non li tocca, non entra nelle loro vite, ma rimane esterna, come una scorza, come una “cosa da fare” e, possibilmente, “alla svelta”.
La preghiera chiamata “Colletta” serve a spezzare questa tentazione (diabolica): a scuotere l’apatia in cui possono cadere i fedeli e a scongiurare l’automatismo in cui può scivolare il celebrante. Con essa, infatti, s’immerge la propria vita e la propria storia nella celebrazione eucaristica, nel mistero di morte-risurrezione di Cristo, che si realizza “qui oggi”, “in questa Messa” per il suo popolo radunato. È il momento, in altre parole, in cui si fa penetrare la liturgia nelle fibre dell’esistenza e nelle piaghe della vita, perché “oggi” la salvezza di Cristo “si realizza” per te, per noi.
La Colletta chiude i Riti iniziali della Messa (Introito, Saluto al popolo, Atto penitenziale, Kyrie eleison e Gloria) ed è anche il loro culmine, nel senso che ne realizza la finalità: formare un’assemblea eucaristica pronta ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia (OGMR, 46).
Qualcuno ha paragonato la Messa a un anello: l’Anello della Sposa (=la Chiesa). Ha due gemme preziosissime, d’unico sigillo: la Liturgia della Parola e quella dell’Eucaristia; e fatto a tre cerchi su cui sono incastonate: quello dell’introito, dell’offertorio e della comunione (che legano, appunto, le due parti principali della Messa). Secondo questa immagine con la Colletta si chiude il primo cerchio dell’anello.
Ma come immergere la vita nella Messa? La Colletta (da colligere = raccogliere, riunire in uno) è una preghiera che dal V sec. raccoglie tutte le intenzioni dei fedeli con cui sono venuti a Messa e le presenta a Dio. È una preghiera dialogica in cui il sacerdote invita anzi tutto i fedeli a pregare, dicendo: «Preghiamo!».
È l’Oremus liturgico, quello che sentivano i nostri nonni (da ora = bocca e orare = parlare), cioè l’invito a parlare con Dio. Segue un momento di silenzio in cui ciascuno, prendendo coscienza di essere alla presenza di Dio, esprime nel cuore le sue preghiere più profonde; ed è qui avviene l’immersione della vita nella Messa! Il sacerdote poi, in quanto presidente dell’Eucaristia, a nome di tutto il popolo pronuncia la Colletta, con le braccia alzate, segno che presenta a Dio le preghiere di tutti, e il popolo la fa propria dicendo Amen! (OGMR, 54).
Il suo contenuto non può che essere generico, perché compendia tutte le preghiere, ma è attento alle condizioni e alle necessità del popolo, perché esprime sempre il carattere della Messa: per i defunti, la memoria di un santo, un battesimo o un matrimonio, o per le varie necessità della Chiesa (i sacerdoti, i cristiani perseguitati) o del mondo (la pace, i malati, i carcerati, i lavoratori, la famiglia, ecc.); si può dire che il Messale prevede una liturgia eucaristica per ogni circostanza della vita.
Impregnate di testi biblici, patristici e conciliari, le Collette, nella loro semplicità e sobrietà, e nel loro folto numero (OGMR, 363), presentano una struttura omogenea: sono rivolte al Padre (datore di ogni dono), per la mediazione del Figlio (mediatore e sacerdote) nello Spirito Santo, che ci fa chiedere con confidenza di figli.
Iniziano con una invocazione, che ricorda la grandezza di Dio (Signore, Creatore, Provvidente), i suoi gesti salvifici (esodo, alleanza, liberazione) e i benefici (la vittoria, l’acqua, la fecondità); l’invocazione esprime la familiarità inaudita e l’arditezza con cui i fedeli, per bocca del sacerdote, si rivolgono a Dio: se ha fatto grandi cose in passato, siamo certi che le farà anche ora!
Segue la domanda per l’“oggi” (ascolta, guida, donaci, ecc.): è l’uomo povero, peccatore, fragile, malato, scoraggiato, angosciato che chiede, m anche il “noi” che fa essere solidali con la sofferenza dei fratelli. La petizione esprime ciò che la Trinità compirà durante la celebrazione, le grazie che donerà in quella liturgia, che sono sempre grazie pasquali, cioè un rinnovamento della vita cristiana: dalla schiavitù alla liberazione, dalla malattia alla guarigione, dalla disperazione alla confidenza, dalla schiavitù alla libertà, dalla miseria alla dignità, dalle tenebre alla luce, dall’afflizione alla goia.
La Colletta esprime anche lo scopo della domanda (affinchè diveniamo veri apostoli, abbiamo il coraggio di perdere la vita per il Vangelo, acquistiamo la sapienza, portiamo frutto, manteniamo la fede, ecc.). Al termine, l’intercessione trinitaria (Per il nostro Signore…; Tu sei Dio…).
L’occhio più attento, a questo punto, ha forse intuito che la Colletta non è tanto il riassunto delle preghiere dei singoli, ma l’immissione delle preghiere personali nella grande preghiera della Sposa, la Chiesa; e questo richiede maturità di fede, il passare cioè dalla propria preghiera alla preghiera ecclesiale.
Veniamo ora alla consueta applicatio ad vitam. Immergere la propria vita nella Messa non è facile per nessuno, ma è essenziale. Per predere familiarità con le Collette, affinché non rimangano formule prefabbricate, si può portare a casa quella domenicale (è scritta sul foglietto della Messa) per recitarla al mattino o con la famiglia, come eco della celebrazione e come fonte d’ispirazione per la preghiera personale. Chissà che non aiuti a passare dalla “funzione automatica” alla “funzione manuale”!
Elisabetta Casadei
* Le catechesi liturgiche si tengono ogni domenica in Cattedrale alle 10.50 (prima della Messa).