A due settimane dal voto non è ancora facile farsi un’idea chiara del panorama politico. In parte perché in periodi di proclami e promesse elettorali, molti onorevoli o futuri tali, promettono e dichiarano ogni cosa e l’esatto contrario, ma anche perché la crisi sistemica e il momento di profonda incertezza vissuti da gran parte del mondo industrializzato, e dall’Italia in particolare, rendono il dibattito ancora più caotico e difficile da vagliare.
Saranno elezioni importanti, capitali, quelle del 24 e 25 febbraio, potenzialmente capaci, secondo l’analisi del professor Roberto Cartocci (ordinario di Scienze Politiche dell’università di Bologna), intervistato da il Ponte nel n. 5, di traghettare l’Italia verso la terza Repubblica. Col numero crescente, si spera anche che possa aumentare la qualità stessa della politica. La seconda Repubblica nacque sulle ceneri della prima classe politica divorata dalla corruzione, ma il vizio sembra non aver abbandonato i nostri parlamentari, ed è difficile sperare che questa possa essere la volta buona.
L’importanza dell’elettore. Prima, però, di focalizzare lo sguardo sulla proposta politica e sulle prospettive offerte dalle formazioni che si candidano a governare, è forse propedeutico mettersi di fronte ad uno specchio e ricordarsi che l’elettore è parte attiva, anzi fondamentale, del gioco politico. Quali sono le doti di un buon elettore? Sempre secondo il professor Cartocci sono la responsabilità e la memoria.
“Noi tendiamo a consumare e a concentrarci solo sul presente – spiega il cattedratico – <+cors>la televisione privilegia quest’aspetto temporale e anche la spettacolarizzazione della politica ha prodotto un grave vuoto di memoria: si parla solo dell’oggi”<+testo_band>.
Ma la mancanza di programmazione è il miglior lasciapassare per la crisi. È sicuramente difficile pensare al futuro quando il presente è carico di difficoltà, ma senza una politica capace di creare una prospettiva efficace si rischia solo di avere dei palliativi inadeguati. Se l’Italia è uno dei paesi più colpiti dalla crisi, è proprio perché la mancanza di programmazione di ieri ha creato i problemi di oggi e la situazione rischia di ripresentarsi uguale allo stesso modo.
“La mancanza di memoria – conclude Cartocci – e la tendenza a non cambiare il proprio voto in base al lavoro del Governo nei cinque anni successivi alle elezioni – secondo il principio del premiare o punire – hanno fatto sì che l’Italia abbia la classe politica più vecchia dell’occidente”.
L’analfabeta politico. Come si sa, in Italia non è ammessa l’ignoranza della legge. Il cittadino è tenuto ad informarsi, e se sgarra, paga. Sulla scia di queste considerazioni e del valore della politica, tornano di grande attualità le parole del poeta e drammaturgo Bertold Brecht.
“Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, né s’interessa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine, dipendono dalle decisioni politiche. L’analfabeta politico è talmente somaro che si inorgoglisce e si gonfia il petto nel dire che odia la politica. Non sa, l’imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, il mafioso, il corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali”.
Insomma, al cittadino è chiesto qualcosa in più che una semplice croce su una scheda, o, per dirla con le parole di un altro artista più recente, “l’elettore non deve passare la sua vita a delegare” e poi disinteressarsi della politica.
I partiti. Ma non è certo tutta colpa dell’elettore, anzi. Scendendo nell’agone politico, all’interno della cabina dovremo fare i conti con una scheda elettorale per il Parlamento composta da 23 partiti. I principali, quelli che si contendono il grosso dei voti sono il Partito Democratico; il Popolo delle Libertà; la Scelta Civica con Monti; il Movimento 5 Stelle; Rivoluzione Civile; Lega Nord e Sinistra Ecologia e Libertà.
Il grande rischio. Con una tale frammentazione di partiti, il rischio è che manchi una maggioranza effettiva, ma ancora di più, nel nostro sistema bicamerale, c’è un effettivo pericolo di stallo dovuto ad una diversa composizione di Camera e Senato, a causa del premio di maggioranza.
Il premio di maggioranza viene dato al partito che prende il maggior numero di voti oltre una certa soglia, che al Parlamento è al 42.5%. Difficile che un singolo partito la raggiunga, costringendo poi i principali movimenti a creare coalizioni post elezione (con una probabile asse Pd-Monti). Diverso il discorso per il Senato, strutturato su base regionale e in cui due sole regioni Lombardia e Veneto – storicamente legate al centro destra – eleggono un gran numero di senatori.
Se si verificasse tale impasse, tutte le procedure legislative avrebbero un iter estremamente lento e complicato, rendendo lontane e difficili da realizzare tutte le riforme necessarie al cambiamento per uscire dalla crisi.
Stefano Rossini