E’la prima volta in Italia che un organo giuridico riconosce la connessione tra evasione fiscale e danno alla comunità di riferimento per sottrazione di risorse dovute. La Provincia di Rimini si scaglia contro i furbetti delle tasse con un’azione giudiziaria che la vede coinvolta – in quanto parte lesa – in un processo. Il caso è quello del procedimento Varano che ha interessato, portandoli in carcere, diversi nomi illustri dell’economia italiana e sammarinese per evasione e riciclaggio, fenomeni che, evidentemente, danneggiano i cittadini e per i quali la Provincia richiede i danni.
In particolare questa inchiesta ha condotto in carcere i vertici della Cassa di risparmio di San Marino, e di società del Gruppo Delta di Bologna. La tesi, sposata dal Gip di Forlì (che ha accolto l’istanza della Provincia di Rimini), è che il riciclaggio è un reato anche contro l’economia di un territorio: contro i suoi cittadini, su cui gli enti dovrebbero ripartire equamente le tasse e fornire servizi in base alle risorse a disposizione. Un compito, che la presenza consistente di fenomeni come l’evasione e il riciclaggio non consentono di svolgere nel modo giusto.
Un procedimento che inorgoglisce molto il Presidente dell’Ente di Corso d’Augusto, Stefano Vitali che della lotta all’evasione fiscale ha fatto bandiera del suo mandato, soprattutto negli ultimi 12 mesi. Nello stilare il bilancio del 2012, parlando del nuovo anno, aveva dichiarato che “continueremo con la lotta all’evasione e non solo con materiale pubblicitario e con la cartellonistica ma con azioni concrete”. Ed eccole, le azioni concrete sono arrivate. “Non c’è solo un problema etico o morale, che comunque esiste, ma anche di carattere economico. Se i soldi non ci sono, non si possono investire, ad esempio nelle infrastrutture del nostro territorio. E siccome il nostro territorio in questo momento oltre che nei beni pubblici ha bisogno di investimenti importanti anche da parte privata, come faremo a investire? C’è una grande parte della popolazione di questo territorio che non è più legata a un’economia turistica, che non ne può più di pagare i servizi, gli asili, i ticket, pagare tutto, e vedere gente che ha un tenore di vita dieci volte più alto, che non paga niente” spiega Stefano Vitali.
Provincia a parte anche i singoli comuni si sono attrezzati per tempo. Al centro delle attività l’accordo firmato, il 12 novembre 2009, tra Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Agenzia delle Entrate, basato sullo scambio di dati e segnalazioni telematiche (definite in gergo tecnico “segnalazioni qualificate”) tra le parti coinvolte. Il “premio” per i Comuni aderenti sarebbe stato il 33% delle somme recuperate grazie al loro aiuto. Attività che ha dato i suoi frutti, soprattutto a Rimini.
È dello scorso 7 novembre la notizia che con 1238 segnalazioni “qualificate” di evasione tributaria, Rimini si piazza seconda in regione, dopo Bologna, tra le città capoluogo che meglio si sono mosse sul fronte dell’attività antievasione. Un’attività di verifica delle incongruenze che ha fatto emergere ben 542mila euro di “nero”. Rimini aveva aderito al protocollo d’intesa sin dagli esordi (a differenza di altri Comuni, vedi pezzo a lato) ottenendo sin da subito risultati “paganti”. Ma anche prima della data fatidica i provetti evasori avevano trovato, nel capoluogo, pane per i loro denti. Proprio nel 2009, prima della firma del protocollo, la provincia di Rimini segnava un +21% sull’anno precedente (piazzandosi terza in regione per segnalazioni, dopo Modena e Bologna) con 105milioni di euro scovati e il 90% delle segnalazioni fatte sempre da Palazzo Garampi che da solo si era portato a casa 27 milioni di euro,
Ma torniamo al presente. Le 1238 segnalazioni arrivano da dichiarazioni Isee non veritiere, omissione della dichiarazione di immobili, uso improprio di insegne pubblicitarie e altro ancora.
Non dimentichiamo, poi, che quella di quest’anno è stata l’estate più calda sul fronte dei controlli a bagnini ed altre attività commerciali che hanno fatto emergere, dai rilevamenti della Guardia di Finanza, un 62% con esiti di irregolarità. 163 esercenti controllati hanno prodotto 103 violazioni. 16 alberghi visitati e 13 verbali. Insomma numeri – e questi sono solo alcuni – che hanno indignato i cittadini, alle prese con una crisi economica che non ha pari. E l’indignazione si è vista anche su un altro fronte.
Al 117 della Guardia di Finanza – numero che i cittadini possono comporre per segnalare irregolarità – nei primi nove mesi del 2012 sono arrivate il doppio delle segnalazioni pervenute in tutto il 2011, ossia 238.
Ma torniamo a noi. A dicembre 2011 (i calcoli sul 2012 non sono ancora stati fatti) i numeri dell’attività svolta nel corso dell’anno, diffusi dal comandante provinciale della Guardia di Finanza, il colonnello Mario Venceslai, parlavano chiaro: diminuivano, complessivamente, verifiche e controlli fiscali (514 rispetto ai 587 del 2010) ma aumentava il recupero delle imposte dirette evase, salito in un anno da oltre 111 milioni a quasi 142 milioni di euro. Dalla lotta agli evasori totali (attività che non denunciano un euro) e paratotali (chi omette entrate o ritocca al rialzo le spese in proporzione superiore al 50% del totale) sono arrivati nel 2011 più di 114 milioni contro gli 87 milioni del 2010, con 45 evasori rispetto ai 40 dell’anno precedente. E l’attenzione su questo fenomeno continua a crescere
Furbetti avvisati, mezzo salvati…
Angela De Rubeis