Per le testate giornalistiche d’ogni parte le previsioni sono grigie. Le più celebri fanno già i conti con tanti fattori negativi che ne condizionano la sopravvivenza. Newsweek, settimanale americano diffuso in tutto il mondo, ha appena abbandonato la tipografia e salutata l’edizione di carta, sbarcando su internet. Non ci possiamo illudere che certe sorti tocchino soltanto le celebrità. Noi delle piccole testate, noi dell’informazione locale dobbiamo essere fermamente convinti sino al punto di apparire testardi, che il foglio di carta non va buttato tra le cose del passato, ma deve conservare la sua dignità in nome di una sola piccola regola: il pluralismo immediato e reale delle voci è la garanzia democratica per uno Stato in cui non ci siano soltanto le Voci del Padrone.
Ad inizio di un nuovo anno giornalistico, concedetemi di esprimere un augurio di buona lettura ad un numero sempre più consistente di lettori, la cui coscienza non può considerarsi a posto soltanto se scorrono due notizie al bar sorseggiando qualcosa. Cercansi lettori veri, che ci facciano le pulci non per gusto di polemica antidemocratica: lei non la pensa come me, quindi è un cretino. Ma per il bisogno di andare sino in fondo ai discorsi, raccontandoci il mondo che li circonda, e nel quale tutti siamo più o meno consapevolmente immersi.
Scarabocchiando sulla carta anche locale da 53 anni, ho una certa esperienza sul difficile rapporto tra cronisti e potere. C’è chi non vuole, in nome della virtù e della democrazia, che si raccontino le storie passate o le magagne presenti. Ma chi tace se deve parlare o si chiude le orecchie se deve ascoltare, non rende un buon servizio alla vita pubblica.
Mi succede sovente di definirmi un inutile cronista. La lettura di una pagina del card. Martini appena ripubblicata sulla parabola del servo inutile, mi ha confermato nel voler usare ancora quell’etichetta: “In poche parole: siamo servi inutili, inadeguati e perciò liberi e sciolti nel presente, umili e grati per il passato, capaci di gratuità per il futuro”. E poi ancora: “Liberi dal peso insopportabile di dover rispondere a ogni costo a tutte le attese, di dover essere sempre perfettamente all’altezza di tutte le sfide storiche di ogni tempo. Questa libertà e scioltezza ci rende umili e modesti, disponibili a fare quanto sta in noi, a riconoscere quanto ci sta ancora davanti, ad ascoltare e a collaborare con semplicità e senza pretese”.
[Anno 32, n. 1109]
Antonio Montanari