Qualche mese fa, ne Il Ponte del 22.09 (L’escavazione in tre documenti) abbiamo ricostruito l’esito finale del complotto legato al porto di Rimini e agli importanti lavori che lo interessarono. Una faccenda non da poco, che, in diverse occasion, è stato definito come un “affare di stato”, che ha coinvolto personaggi di notevole importanza storica e matematici e studiosi quali Calindri, Boscovich, Bianchi; e ancora l’amministrazione locale e addirittura due Pontefici. Ma per una più ampia e completa ricostruzione della vicenda facciamo un passo indietro di qualche anno.
Boscovich
invitato in città
Nel Novembre 1763 l’Ing. Calindri iniziò la raccolta delle prime osservazioni su “le altezze delle grandi, e mezzane burrasche di mare”, con l’uso di scandagli rilevò i movimenti di ghiaie e arene, la formazione e progressione dei banchi, i fondali e le loro variazioni nel porto “tanto nel canale che in mare a notabili distanze ha rilevate le variazioni seguite nei rispettivi fondi, per scoprire la natura, e riconoscere le leggi, che ella osserva nello sbocco dei fiumi in mare”. Il giovane Calindri a Rimini rilevò e disegnò la pianta del porto con i riferimenti topografici, e le sezioni con i riferimenti idrostatici con la profondità dei fondali, studiò meticolosamente venti e correnti marine lungo tutto l’Adriatico. Nella lettera inedita, datata 11 Agosto 1764 annunciò al maestro Ruggero Boscovich “con sommo mio piacere, e contento ho presentito che si possa da questo Pubblico avanzare lettera a V.R., pregandola a volere dar qua una scappata. Per sentirvi il suo sentimento intorno al Porto di questa Citta”. Nella lettera lo informava del lavoro svolto “avendo fatto per continuati mesi molte fatiche, per discoprirne la sua natura, e per poter comprendere da quali cause procedessero que’ tristi effetti che la rendono cattiva assai l’imboccatura, communicai tutto lo scoperto da me ad’esso Pubblico con’una memoria recitata nella Galleria del loro Capitolare Palazzo”. Si decise di chiamare un matematico per esaminare il lavoro di Calindri e darne un parere.
Candri al
collegio Romano
Nell’Amministrazione cittadina si fece il nome di Boscovich, conosciuto in città e in casa Garampi sin dal 1752, anche Calindri lo sollecitò “lo supplico quanto so, e posso a voler render paghe le brame di questo Pubblico, e nello stesso tempo dare un contento, di cui qualunque sia il suo sempre rettissimo giudizio dei miei progetti, e fatte operazioni le resterò sempre tenutissimo, ed obbligatissimo, sicuro sempre, che se favorevole, sarà per riuscire doppio onore, e vantaggio, e se contrario, di lume, per meglio dirigere il mio pensare in altri simili incontri, ed’in studi di Idrostatica”. Calindri era stato studente del Collegio Romano, tributò riconoscenza al maestro chiedendo che gli fosse riconosciuto e approvato il suo lavoro “credo che anche a V.R. potrebbe recar qualche sorta di piacere il veder non esser state buttate le fatighe in Roma per me impiegate nell’insegnarmi le matematiche elementari scienze in Roma”. Gli studi non ammettevano il prolungamento dei moli e anche nel secolo successivo, l’ing. riminese Maurizio Brighenti, nella pubblicazione Sulla corrente litorale dell’Adriatico evidenziò l’errore di Planco. Al punto 20 del libro Brighenti affermava: “Abbiamo avvertito (§ 2 nota 3) il fatto che le nostre spiaggie sottili dal Cesenatico a Senigallia, ove sono di mobilissime sabbie, s’accorciano nell’inverno, e crescono verso mare nella state; il che probabilmente fece dire al celebre Jano Planco, che a Rimini il pelo del mare era nell’inverno metri 0,55 più alto che nella state; sebbene aggiunga di aver ciò notato ne segni fatti in alcuni pali dei guardiani, e delle rive murate del canale”. Accumulo ed erosione delle sabbie litorali non l’innalzamento del livello del mare.
Il problema
dell’erosione
Del problema dell’erosione si aveva già avuta traccia al secolo precedente, quando: il 27 Novembre 1764 (si legge in un documento ufficiale), gli amministratori riminesi incaricarono Calindri dei lavori consigliati da Boscovich: “Il Boscovich prima di partire da questa Città avea consegnato la sua relazione sopra lo stato di questo porto, ed in quella avea insieme esposto li sentimenti suoi per rimediare alle rovine fatte dalle acque del fiume Marecchia al porto medesimo; ond’era bene pensare, e risolvere quale dei sentimenti dovea adottarsi per eseguirlo, e se l’esecuzione dovea appoggiarsi al Signor Serafino Calindri, che avea fatto le più esatte osservazioni su lo stesso Porto, al quale ancora sembrava giusto il corrispondere qualche compenso per i lumi, e notizie date, e dimostrazioni consegnate al suddetto Padre Boscovich fatte già da lui sul Porto medesimo”. Durante la seduta sopraggiunse il Cavaliere Paci Ippoliti e fu deciso intanto di rimuovere il banco di ghiaia all’entrata del porto e riparare i muri franati o che stavano per scivolare nel canale del porto. L’incombenza fu assegnata “alli Signori Eletti alla Fabbrica del Porto, i quali possino per ciò servirsi dell’opera del Signor Serafino Calindri, e passargli quella ricompensa che crederanno conveniente per le fatiche da lui fatte per le dimostrazioni consegnate allo stesso P. Boscovich, e che sarà per fare in appresso” (Calindri, Lettera ad un amico all. VII).
Perdita di tempo
e denaro?
A Roma, sul fine dell’anno 1764, il Pontefice Papa Clemente XIII è informato dal Padre Boscovich in colloquio privato della “perdita irreparabile di denaro e di tempo”. Sul porto imperavano malaffare, incuria e ingenti spese di riattazione, il partito dè contrari complottava, spargeva voci e scritti, cagionava sussurri, ostacolava lavori, gli Eletti alla Fabbrica del Porto, sotto pressione, perdevano tempo chiedendo a Roma i “voti” di altri matematici. L’anno successivo il Papa diede l’ordine perentorio e costituì la nuova Congregazione del Porto, nominata da lui stesso, investendo di pieni poteri il Legato di Romagna Card. Crivelli per ristabilire l’ordine e la cessazione dei disturbi alla esecuzione dei lavori. Lo scopo era “di dar rimedio a questo gravissimo inconveniente”. S’impedì per un anno l’insediamento della nuova Congregazione, perché in precedenza alla nomina di Calindri vi erano evidenti interessi economici per i lavori. La fazione capitanata da Bianchi, cercava con ogni mezzo di recuperare il controllo amministrativo sui copiosi finanziamenti di riattazione, persi. Pochi anni prima era stato Antonio Battarra a mettere in luce il malaffare in “una pubblica prelazione al suo corso filosofico del 1761, nella quale infiammato da zelo animoso per la cosa pubblica, prese a dimostrare il grave fallo del Comune, che trascurando di preporre ai lavori del Porto, persona profondamente versata nella scienza idrometrica, lasciavasi aggirare da pratici ignorantissimi, e gettava il pubblico denaro in spese ed opere inutili e malintese. Quel che poi soggiungeva della boriosa inettitudine ed oscitanza di chi avrebbe avuto uffizio di sopravvedere, e delle malizie e dè tranelli dè subalterni, usi mai sempre di approfittarne, era bensì un tema di ovvia e trita, e per lo più assai fondata mormorazione in tutti i tempi”. Rosa Michelangelo in Biografie e ritratti di uomini illustri romagnuoli, Forlì 1838. I documenti adombrano un dubbio: Planco capitanò i contrari solo per il gusto di prevalere o anche per interesse?
(continua)
Loreto Giovannone