Il cinema salva la vita? Sei diplomatici americani sono eternamente grati ad Hollywood e all’intuito di Tony Mendez, agente CIA esperto in esflitrazioni. La storia raccontata nel film Argo, diretto ed interpretato da Ben Affleck, ha dell’incredibile ma è realmente accaduta. Iran, 1979. Inizia la crisi degli ostaggi americani segregati per ben 444 giorni dal regime del dittatore Khomeini: sei diplomatici USA riescono a fuggire dall’ambasciata presa d’assalto e si rifugiano a casa dell’ambasciatore canadese. Ma il rischio che vengano scoperti diventa sempre più alto: come agire? Mendez coinvolge un produttore (Alan Arkin) e un celebre truccatore (John Goodman nel ruolo di John Chambers, premio Oscar per Il pianeta delle scimmie), trova una sceneggiatura di un film di fantascienza da girarsi in luoghi esotici come l’Iran e lo presenta alla stampa per dare credibilità e prelevare i sei malcapitati spacciandoli per una troupe cinematografica.
Davvero bravo Affleck a costruire una storia al cardiopalma, con suspense cinematografica (mai si è desiderato tanto il decollo di un aereo) e anche come attore risulta più convincente che in passato, con evidente voglia di rischiare come autore e interprete (nonché produttore, affiancato da George Clooney), premiato al botteghino USA da un ottimo successo di pubblico (80 milioni di dollari). C’è tensione, capacità di racconto, buon utilizzo di materiali d’epoca e di fiction cinematografica, c’è l’omaggio alla “fabbrica dei sogni” capace di realizzare l’impossibile, il ritratto di un’America che soffre per i compatrioti e lo sguardo sulle stanze del potere dove si assiste alla spasmodica lotta interna per riportare a casa i sei sventurati. Un film che soddisfa sul piano dello spettacolo, dell’impegno e della ricostruzione storica.
Cinecittà di Paolo Pagliarani