Il 15 ottobre, il Palacongressi di Rimini ha compiuto un anno. L’astronave, il disco volante o la conchiglia, come è stato soprannominato, ha ospitato 80 eventi e totalizzato 1.100.000 presenze per un fatturato di quasi 9 milioni di euro.
E pensare che ne ha fatta di fatica a decollare.
La prima apertura del capolavoro architettonico, che dovrebbe proiettare la provincia di Rimini nell’èlite delle destinazioni congressuali internazionali, avrebbe dovuto essere l’11 settembre 2010, ma polemiche politiche e una serie di problemi sulla sicurezza (nove indagati per violazione delle norme antisismiche) hanno fatto saltare l’inaugurazione, più di una volta. Con un danno economico stimato da uno studio dell’Università di Bologna, di oltre 12 milioni di euro.
Una volta aperto, le tribolazioni non sono finite. È partita infatti la polemica sulle royalties, necessarie a cofinanziare con 28 milioni di euro su 117 complessivi, in 25 anni, la magnifica struttura congressuale. Il Palacongressi di Rimini è l’unico esempio in Italia di struttura pagata (oltre che dai cittadini) da categorie economiche, in questo caso, gli albergatori. La ’tassa per il palas’ non li ha visti tutti d’accordo. Inizialmente solo i soci di Aia Palas avrebbero pagato il 10% su ogni presenza ottenendo le card per i loro clienti; diversamente, gli hotel non consorziati avrebbero dovuto acquistare pacchetti di card. Ben presto però i soci di Aia Palas chiesero che anche gli alberghi non soci pagassero la loro quota a Rimini Fiera. Fu il presidente Lorenzo Cagnoni, a chiarire che non ci sarebbero dovuti essere più vantaggi per gli uni o gli altri, visto che tutti avrebbero tratto dei benefici dal Palacongressi. Da quel giorno al Palas si accede solo con la card.
39 sale congressi per oltre 9 mila posti a sedere. A Convention Bureau è affidato il compito di riempirle. Com’è andato questo primo anno? Lo chiediamo al presidente Roberto Berardi.
“Il bilancio è molto positivo pur in un contesto molto complicato. C’è stato un incremento del 42% delle richieste. Delle 306 pervenute (contro le 188 dello stesso periodo 2011), il 66% proviene dal settore corporate (aziendale, ndr.), il principale cliente della Riviera. Otto gli eventi internazionali ospitati nel 2012, ma, ad oggi, sono 50 le richieste arrivate, a fronte delle 28 giunte appena dopo l’inaugurazione. Convention Bureau si è aggiudicata tre importanti eventi internazionali: il campionato europeo di cheerleading 2013, il campionato del mondo di magia nel 2015 (per la prima volta in Italia), e il congresso mondiale di Chimica Inorganica, nel 2020”.
Quali le difficoltà nella promozione della provincia di Rimini come destinazione congressuale?
“Come tutte le mete abbiamo delle eccellenze e delle criticità. Rimini può avere delle problematiche legate all’aeroporto ma abbiamo la vicina Bologna collegata con hub internazionali. Non è certo un problema fare delle navette per 100 chilometri. Non possiamo avere una battuta d’arresto per problemi di raggiungibilità. Abbiamo ottenuto congressi internazionali e ne stiamo ottenendo e la distanza non è stata minimamente considerata un problema.
Paradossalmente, abbiamo avuto giudizi negativi sulla ricettività”.
Nonostante tutti gli alberghi che ci sono a Rimini?
“Sì, perché alcuni congressi si basano sul mantenimento compatto del gruppo dei delegati. Ci scontriamo con destinazioni che hanno alberghi con centinaia di camere”.
Molto criticate dagli albergatori le royalties. Non tutti volevano pagare la ’tassa sul palas’.
“È vero e oggi ci sono ancora critiche a questo sistema. Indubbiamente il volume d’affari che sta movimentando il Palas, connesso al fatto che la parte turistica ha avuto un calo, non può fare altro che rinsaldare il legame con gli albergatori. Noi dobbiamo pagare l’affitto e loro pagare le royalties. Insieme sosteniamo questo investimento”.
In definitiva siete soddisfatti?
“Se avessi saputo un anno fa che i risultati sarebbero stati questi, ci avrei messo subito la firma. Abbiamo mantenuto l’obiettivo di presenze e fatturato del 2012 di 8 milioni e 800 mila euro. Oltre due milioni in più rispetto all’anno precedente. Un elemento molto importante è sulle richieste pervenute. Abbiamo raddoppiato quelle dall’estero”.
Ci ha detto che vi state muovendo bene sugli eventi internazionali. Ma, allo stesso tempo, il Palacongressi è una struttura che ha voluto mantenere una forte identità riminese. Perché non si è svolto qui il convegno per la celebrazione dei 5 anni dalla scomparsa di don Benzi?
“Ci sarebbe piaciuto molto ospitare alcuni eventi legati all’anniversario di don Benzi tanto che, quando siamo venuti a sapere che la comunità Papa Giovanni XXIII aveva avuto problemi con alcune ’location’, ci siamo proposti noi stessi di ospitarli anche se avevamo già due eventi concomitanti, prenotati da diverso tempo (Dental Tray e Biotecnologie, ndr). Poi la comunità ha fatto, anche giustamente, una scelta diversa, quella di delocalizzare gli eventi commemorativi nei luoghi più rappresentativi per don Oreste, come le parrocchie, la Sala Manzoni, l’Università. Poi il 105 che pure è una struttura capiente che evidentemente rispondeva ugualmente alle esigenze della comunità. Una scelta che rispettiamo”.
Lucia Renati