Quando dieci anni fa, giorno più giorno meno, nasceva ufficialmente Hera molti di noi cronisti di provincia alle prime armi non vedevamo l’ora di poter sfoggiare un titolo che ci sembrava assai brillante e geniale: “Hera ora”. Dopo un po’ però quel titolo tornò nel cassetto. Perché inflazionato, ma anche perché innegabilmente la nuova società, che introduceva termini seriosi come holding, multiutility e corporate, sembrava prestarsi sempre meno alla confidenza. Oggi si discute con ardore dei compensi dei manager: giusto che siano da società quotata in borsa, o va tenuto conto della base pubblica dell’azionariato? A mio modesto parere da cronista di provincia con dieci anni in più, allargando il discorso, oggi il punto di partenza dovrebbe essere un altro. Meno fisso, ma compensi più legati a performance e risultati seriamente verificati. Le squadre di calcio premiano gli attaccanti a seconda dei gol. In Italia l’impressione è che molti manager pubblici e semipubblici il premio lo abbiano comunque, purché non facciano autogol. Anzi, anche se lo fanno è lo stesso. Si pensi alle liquidazioni mostruose di ex manager Alitalia pagati purché la smettessero di far danni: milioni invece di tozzoni. Senza voler emettere sentenze, ai manager Hera comunque un invito a una riflessione coscienziosa. Se poi arriverà la riduzione dei compensi, tanto meglio. Abbiamo un titolo lì pronto pronto che aspetta solo di poter tornare finalmente fuori dal cassetto.