Ha compiuto un anno il palacongressi di Rimini. Non è stata, come noto, una partenza facile: le aspettative si sono scontrate con la difficile congiuntura. E neanche il cugino di Riccione era partito in discesa. Ma sul futuro del settore non sarei così pessimista: congressi e convegni stanno ritrovando popolarità, soprattutto tra quelli delle ultime file. Mi capita ogni tanto di partecipare e di vedere sempre più convegnisti che, armati di portatili, smartphone, iPhone o iPad passano le ore a farsi gli affari loro. Il convegno non più come seccatura per far contento il capo, ma come piacevole e rilassante giornata da passare sui social network o navigando sul web. Se non fruttuosa occasione per portarsi avanti col lavoro: in un convegno, armati di adeguato strumento, di pratiche e di corrispondenza se ne può sbrigare in abbondanza. Per combattere la concorrenza allora oggi è utile anche attrezzarsi per agevolare il pubblico delle retrovie: wi-fi potenziati e luci soffuse in fondo alla sala. Non è bello che i relatori si accorgano che laggiù ci si occupa di tutt’altro. Certo, convegni e congressi dovrebbero avere lo scopo primario di formare, informare e aggiornare. Ma, converrete con me, oggi nella corsa al convegnista, meglio se soggiornante e pagante tassa, non si può andare tanto per il sottile.
(a proposito, per chiarire ogni malevolo dubbio: questo articoletto non è stato scritto nell’ultima fila di un noioso seminario).