La prof che piange in un corteo per lo sciopero della scuola il 12 ottobre, racconta una storia personale ma riassume una condizione collettiva. Fatta di amarezza per il presente incerto e misero, e di scoramento per il futuro. È il ritratto di un’Italia che, 24 ore prima, aveva letto sui giornali le misure governative che colpiranno le fasce più deboli della popolazione, quelle dei cosiddetti incapienti: con i loro redditi così bassi, essi non avranno alcuna riduzione delle tasse e spenderanno di più con l’aumento dell’Iva.
Per gli stipendi oltre i 90 mila euro di 26.472 tra manager e giudici, la Corte costituzionale nelle stesse ore bocciava il decreto del 2010 che li aveva tagliati. Il solo Senato così, ad esempio, sborserà altri 2,2 milioni di euro l’anno, a partire da quello passato. Il costo totale della sentenza sarà di circa 23 milioni ogni 12 mesi.
Altre prof e altri incapienti piangeranno, ma nessuno li ascolterà. Forse significa qualcosa, se non molto, che il fondo del CorSera del 12 ottobre, firmato da Gian Antonio Stella, richiamasse un vecchio editoriale di Famiglia Cristiana sull’insensibilità dei partiti nel non comprendere la gravità di questi momenti, e sulla loro resistenza ad un profondo rinnovamento. Il giorno dopo il foglio milanese ospitava la consueta rubrica di Piero Ostellino. Che dopo aver sognato per anni il trionfo del liberalismo come farmaco capace di curare tutti i mali nostrani, si è convito che l’Italia ha intrapreso la pericolosa strada della “sospensione della democrazia”, con gruppi di potere che appoggiano il governo Monti e nello stesso tempo proteggono migliaia di parassiti che “continueranno a fare gli affari loro, a spese del contribuente, invece degli interessi degli italiani”.
Non lascia profonda meraviglia constatare che Ostellino abbia compreso soltanto ora e dopo molto tempo, che a rovinare l’Italia non sono stati i sindacati, i lavoratori, le idee per un’economia al servizio dell’uomo e non del capitale. Bensì le classi dirigenti che hanno dimenticato ogni galateo politico e costituzionale, al punto che il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha fatto, in un’intervista a Repubblica, una diagnosi impietosa sulla nostra democrazia “ormai in svendita”. C’è chi ora compra voti a Milano per 50 euro, come succedeva un tempo nei quartieri poveri di Palermo con un pacco di pasta. L’Italia è unificata dal malaffare. Nessuno ha mai creduto alle denunce di tanti sul tema.
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Antonio Montanari