Carissimi, ho la gioia di annunciarvi che anche nella Chiesa di Rimini, come ormai in gran parte delle Diocesi italiane, rinascerà l’antico Ordo delle vergini, un’articolazione piccola ma significativa della Chiesa locale, che risale fino ai tempi apostolici”. Con queste parole piene di gioia il vescovo Francesco ha dato l’annuncio della consacrazione di Marina Venturi, prima donna dell’Ordo virginum della Chiesa di Rimini, che avverrà domenica 28 ottobre alle ore 17,30 in Cattedrale, invitando a questo gesto tutte le comunità della Diocesi.
“Il Concilio Vaticano II, – ha detto mons. Lambiasi – volendo promuovere tutte le ricchezze spirituali delle Chiese particolari, ha invitato noi vescovi ad accogliere con gioia il dono della vita consacrata, sbocciata e cresciuta nelle e per le nostre Diocesi, e ha perciò restituito al Popolo di Dio l’antichissimo Rito di consacrazione delle vergini”.
L’antico ordine delle vergini è già presente in 110 Diocesi italiane con più di 450 consacrate e 200 in formazione. Ogni Chiesa particolare ha il suo ordo virginum e, nelle sole Diocesi dell’Emilia Romagna, sono oltre 25 le donne consacrate.
La storia
Nella Chiesa primitiva alcune donne sceglievano di vivere come Gesù: in donazione totale al Padre e agli uomini, ossia vergine. Oggi questo termine ha perso il suo antico significato, ma è in questo senso che viene usato nella scelta di questa forma di vita. «Ordo», inoltre, non indica un ordine religioso, ma un gruppo di persone che nella Chiesa sono accomunate dall’aver ricevuto la consacrazione verginale, così come costituiscono un ordo i diaconi (ordo diaconorum), i presbiteri (ordo presbiterorum) e i vescovi (ordo episcoporum) per il fatto che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine.
Le vergini vivevano nelle proprie case, si dedicavano alla preghiera, alla catechesi e all’annuncio, al lavoro e ai poveri. Mentre gli ordini maschili (vescovi, presbiteri e diaconi) si sono conservati fino ad oggi, l’ordo virginum è andato scomparendo in concomitanza alla nascita dei monasteri e delle famiglie religiose, per cui esso può considerarsi il germoglio da cui sono sbocciate le diverse forme di vita consacrata; il Concilio Vaticano II ha ripristinato questo antichissimo ordo e rinnovato il suo Rito.
Consacrata nella e
per la Chiesa diocesana
Davanti al Vescovo la vergine pronuncia un proposito di verginità che implica povertà, castità e obbedienza. Non si distingue dagli altri: vive nella propria casa, lavora per mantenersi, è impegnata in parrocchia o in altre realtà ecclesiali e prega con tutti gli altri fedeli. Pur non avendo né regole né costituzioni, stabilisce in accordo con il Vescovo la sua regola personale.
La consacrazione è definitiva, valevole per tutta la vita, precludendo ogni prospettiva di nozze umane; con essa la vergine viene incorporata nell’essere stesso della Chiesa diocesana e assume il compito di rappresentarla con il suo essere vergine e sposa di Cristo, figlia del Padre, sorella e madre dei figli di Dio.
La spiritualità
I tratti caratteristici sono tre: la sponsalità, che è la scelta di Cristo come unico Sposo; la laicità, perché vive nel mondo come sale e lievito nella pasta; la diocesanità, perché è radicata nella Chiesa locale e si pone al suo servizio.
Il servizio
Il primo e principale servizio è la sua vita donata a Cristo. Tale servizio si rende manifesto nella coerenza al Vangelo, nella preghiera incessante per la Chiesa e nella carità quotidiana. In accordo con il Vescovo può dedicarsi all’attività pastorale nel tempo libero o a tempo pieno.
Il rito
La consacrazione è pubblica e solenne; in essa viene manifestato liturgicamente l’amore della Chiesa a Cristo di fronte a tutta la Chiesa locale; per tale ragione il Vescovo è il ministro di questa consacrazione e il rito si compie in genere in cattedrale. Con l’imposizione delle mani, la vergine riceve una nuova effusione di Spirito Santo, nella quale Dio prende possesso della sua persona, la rende partecipe della consacrazione di Cristo al Padre e la pone in grado di adempiere alla sua vocazione: donarsi totalmente a Dio ed essere “segno” del Suo amore per gli uomini.
Elisabetta Casadei