E’ancora presto per dire se questo sarà l’anno della fine del mondo, ma sicuramente il 2012 si lascerà ricordare per i capricci del clima: tanto per il nevone di febbraio, che per una delle estati più siccitose degli ultimi decenni. Mutamenti e alternanze che non fanno bene all’agricoltura e in generale ai prodotti della terra, tanto da aver fatto temere, e non poco, per le produzioni pregiate dell’autunno: vini e tartufi in testa.
Però, almeno per quanto riguarda questi ultimi, le abbondanti piogge settembrine, accompagnate da temperature ancora elevate, li hanno fatti – mai espressione fu più azzeccata – spuntare come funghi!
O almeno questo è quello che si aspettano gli esperti, e lo fanno proprio sulla base dell’abbondante crescita dei funghi dell’ultimo mese, dato che funghi e tartufi prediligono lo stesso habitat e lo stesso clima.
La speranza. “I presupposti sono buoni – afferma Davide Cangini, esperto tartufaio di Sant’Agata Feltria – a fronte dell’estate calda il settembre piovoso ha stimolato molto la fruttificazione dei funghi e dei tartufi. Quest’anno inaugureremo la mostra con un ottimo prodotto. Oltre alla quantità ci possiamo aspettare anche una buona qualità”.
Il pericolo sembra scongiurato, e le tavole degli appassionati e dei buongustai potranno ammantarsi del tipico e pungente odore del tartufo bianco pregiato. D’altronde, non dobbiamo dimenticare che l’appennino alle spalle di Rimini, diviso tra Romagna e Montefeltro, è una delle poche zone d’elezione del bianco, insieme a San Miniato in Toscana, alcune vallate dell’Umbria e le colline delle Langhe attorno ad Alba. E se proprio la piccola cittadina piemontese è forse la più conosciuta nel mondo per la produzione di tartufi, il fascino dei borghi romagnoli e della Valmarecchia conquista sempre di più i gourmet e i viaggiatori stranieri, soprattutto inglesi e americani, come racconta in un interessante reportage, la giornalista freelance dell’Huffington Post, Irene Levine, che preferisce gli scorci e i panorami di Sant’Agata Feltria a quelli di Alba.
Al di là dei gusti personali, è positivo il fatto che a questa terra venga riconosciuto il suo valore nella produzione del tartufo bianco pregiato, uno dei prodotti più ricercati e costosi della tavola. Ormai non c’è borgo o vallata che non voglia la sua fetta di torta, e alle fiere storiche – al di qua e al di là dei confini amministrativi della provincia – si affiancano sempre più sagre, feste e cercatori.
Consigli per gli acquisti. Prima di un acquisto è sempre meglio far valutare il tartufo da un esperto o da una persona fidata. Il pericolo è quello di comprare una trifola, funghi ipogei dal sapore meno spiccato, conservati in mezzo ai tartufi per “rubargli” l’aroma. Un buon tartufo deve avere come prima cosa una buona consistenza, non deve essere spugnoso, e un aroma che ricordi quello dei funghi, della terra, del miele e una punta d’aglio. Se quest’ultima componente è troppo forte, allora il tartufo non è granché.
“Il prezzo – continua Cangini – dipende dalla qualità e dalla pezzatura, e dall’effettiva quantità raccolta”.
Secondo le stime il tartufo del 2012 potrebbe avere un prezzo attorno ai 1.500 euro al chilo.
Stefano Rossini