Un protocollo comune per evitare che il corpo della donna venga utilizzato in modo improprio. Un cambio di direzione, un cambio culturale profondo che deve partire dalle agenzie pubblicitarie e da chi, quelle immagini, le produce e le ha fatte circolare da vent’anni a questa parte. Così il Comune di Rimini, nella persona di Nadia Rossi, assessore alle Politiche di Genere fa un esperimento, primo in Italia, e stipula il Protocollo d’intesa per l’attività di sensibilizzazione sulla parità e non discriminazione tra i generi nell’ambito della pubblicità.
A firmare si sono ritrovati, oltre al Comune di Rimini, anche le agenzie pubblicitarie e di comunicazione (tra le quali Edita, Expansion) ma anche giornali (tra i quali il Ponte), televisioni, radio, siti d’informazione (Icaro tv, Radio Icaro e Newsrimini) e tanti altri soggetti che operano in vario modo nel mondo dell’informazione.
Assessore Rossi, da dove arriva questo protocollo? Perché ha sentito l’esigenza di creare un documento del genere?
“È la traduzione di un impegno di sensibilizzare tutto il territorio in merito alla pubblicità sessista. Il coinvolgimento di tutti i privati che si occupano di promozione e pubblicità e un passo mosso in questo senso, un passo che cerca di ricreare quel senso comune per fare contrasto al fenomeno della violenza”.
Che uso viene fatto oggi del corpo della donna?
“Al momento ciò che appare è un corpo femminile che non corrisponde alla realtà. Si vedono, nei giornali, nelle televisioni e quasi ovunque…le immagini di donne perfette, sempre felici, sorridenti, allegre. Ma le donne non sono questo. Le donne presenti sul territorio, le donne vere sono donne che lavorano, imperfette, che hanno dei difetti e che spesso e volentieri non si riconoscono in quelle immagini”.
Obiettivo del protocollo?
“Cominciare ad utilizzare un grand’angolo, una visione diversa rispetto al mondo dei generi. Capire e trasmettere delle diversità e delle realtà. Chi produce pubblicità produce anche un pensiero. La nostra sfida è costruire un pensiero diverso da quello che ci è stato propinato negli ultimi 20 anni. La nostra è una presa di posizione per una sfida culturale”
Angela De Rubeis