Le perplessità di fronte ad un nuovo Spider-Man, dopo la trilogia diretta da Sam Raimi, si dissolvono immediatamente di fronte a questo reboot (termine usato per fumetti e video-game quando si fa ripartire una saga o un ciclo dall’inizio) di ottima qualità. A dirigere c’è Marc Webb che aveva già favorevolmente impressionato il pubblico con la romantic-comedy (500) giorni insieme).
Si riparte dunque con la storia di Peter Parker, il timido ma brillante ragazzo morso casualmente da un ragno “modificato”, morso che gli conferisce speciali poteri e lo trasforma in The Amazing Spider-Man. Nel film interpretato da Andrew Garfield c’è attenzione verso il fumetto con il senso tragico del protagonista, afflitto da sensi di colpa per la morte dello zio Ben (Michael Sheen) e “coccolato” da zia May (Sally Field), e in più il mistero della scomparsa dei genitori. Ma c’è anche l’ironia del personaggio con le battute per stemperare la tensione durante le imprese mirabolanti, la storia d’amore con la bionda Gwen (Emma Stone), il confronto con il mostruoso Lizard, alias il dottor Connors (Rhys Ifans) trasformato in un letale lucertolone per colpa di un esperimento sbagliato, il conflitto con il padre di Gwen, capitano di polizia (Denis Leary) che non ne vuole sapere di eroi mascherati a zonzo per la città e il consenso dei cittadini di NY che si sentono più sicuri con il “Ragno” a svolazzare tra i grattacieli. C’è anche il 3D per chi ama le visioni stereoscopiche e gli effetti sono molto buoni. Ben venga il “ragno umano” creato da Stan Lee (e il disegnatore Steve Ditko) cinquant’anni fa (tempismo perfetto per l’uscita del film). E il “Vecchio Stan” appare anche questa volta nei panni di un bibliotecario ignaro dello scontro tra Spider e Lizard alle sue spalle.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani