E’proprio il caso di dirlo: a Messa se ne vedono di tutti i colori! Una domenica il sacerdote veste di rosso, un’altra trovi l’ambone verde, un’altra ancora l’altare è ornato di viola. Eppure, appartiene proprio alla bontà divina – spiega San Tommaso d’Aquino – “parlare” con segni visibili, comprensibili a tutti, per significare le realtà invisibili e sovrannaturali, che sfuggono ai più. Per questo motivo la liturgia stimola tutti i sensi: la vista (con la luce, gli oggetti sacri e i colori), l’udito (con le parole, i canti e la musica), l’odorato (con l’incenso), il tatto (con l’acqua e i diversi gesti delle mani) e pure il gusto (con il pane e il vino).
Ma quale significato hanno i colori liturgici? A cosa servono? Il colore significa due cose: primo, «la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati», come per esempio la Nascita di Cristo, la Resurrezione, la Trasfigurazione, la Passione, ecc., ossia indica cosa Dio compie oggi nella celebrazione, cosa ri-attualizza per noi di ciò che ha compiuto nella storia della salvezza (il memoriale di cui parlavamo nella prima catechesi). Secondo, indica «il senso della vita cristiana» che scaturisce dal mistero celebrato, cioè come dobbiamo vivere per essere autenticamente cristiani.
La scelta dei colori liturgici è uno vero e proprio atto di inculturazione della Chiesa, poiché essa non ha fatto altro che accogliere quei significati che già le culture, in cui è nata e cresciuta, attribuiscono ai diversi colori.
Il bianco, per esempio, è per noi segno di luce, che rimanda alla gioia, alla purezza, alla nascita (infatti si dice «è venuto alla luce») e quindi alla resurrezione, alla gloria divina, alla grazia, alla verginità e alle creature «vestite di luce», cioè gli angeli (Lc 24,4). Per questi motivi il colore bianco è usato nelle liturgie del Tempo di Natale e di Pasqua, in alcune celebrazioni del Signore (il Battesimo, la Trasfigurazione), nelle feste della Vergine Maria, degli Angeli e dei Santi.
Il rosso è invece segno di sangue e di fuoco, che rimanda all’amore (quello fino al sangue dei martiri, quello di Dio effuso nei nostri cuori nel fuoco di Pentecoste, quello che spinge gli apostoli ad annunciare Cristo) e alla regalità, poiché essendo molto costoso e sgargiante era il colore degli imperatori e in genere del potere. Per queste ragioni il rosso è usato la Domenica delle Palme (la regalità di Cristo che passa attraverso il sangue), il Venerdì santo, a Pentecoste, nelle feste degli Apostoli, degli Evangelisti e dei Martiri.
Il verde, da virere=essere verde, fiorente, indica la vita, la crescita e quindi la speranza, per cui è utilizzato nelle liturgie del Tempo ordinario, segno della fiduciosa attesa del ritorno del Signore e della crescita della Chiesa grazie alla linfa della grazia di Cristo.
L’uso del viola sostituisce quello più antico del nero, essendo appunto un nero indebolito, segno di mancanza di luce (opposto al bianco), di cenere e quindi di tristezza, di purificazione e di morte. Il viola è colore grave, ma solenne, usato nel Tempo di Avvento e di Quaresima e nelle liturgie per i defunti.
Infine, il rosaceo è un viola che si rischiara, che annuncia la gioia e in alcune Chiese – come quella riminese – si usa nelle Domeniche Gaudete (III di Avvento) e Laetare (IV di Quaresima).
I colori, però, non indicano solo i misteri della fede, ma – come abbiamo detto – anche il senso della vita cristiana, cioè cosa dobbiamo fare, alla stregua di semafori stradali. In che modo? Aiutandoci a comprendere meglio i misteri della fede, i colori ci aiutano nel contempo alla sequela di Cristo, a interiorizzare la sua vita (la sua umile nascita e crescita, la sua purezza, i suoi gesti di misericordia e di perdono, la sua preghiera fiduciosa, l’amore incondizionato, la vittoria sul male, ecc.), in modo che la nostra vita pulsi sempre più con quella di Cristo. Allo stesso modo, il “rosso” dei martiri ci spinge all’amore senza misura; il “bianco” delle feste mariane ci offre il modello della sequela e quello dei santi ci spinge a conformarci a Cristo in ogni condizione di vita.
Perché questi colori e non altri? La Chiesa non esclude l’uso di altri colori, soprattutto di fronte alle necessità e alle diverse culture, purché siano sempre espressione del mistero di fede celebrato. Lo dimostra il fatto che in passato si è fatto uso anche di altri colori (giallo, marrone, nero) e ancor oggi si possono privilegiare vesti liturgiche di altra tinta (per esempio l’azzurro “cielo” per le feste mariane) e impreziosite con oro e argento (segni di luce e di regalità).
Dunque, quando esci dalla chiesa ricorda quel che ha scritto san Paolo: «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti [con i colori] di Cristo» (Gal 3,27).
Elisabetta Casadei