“A>vete rischiato, con questa convocazione in piazza”. “La fortezza è uno dei sette doni dello Spirito Santo. A questa ci siamo appoggiati”. Questo dialogo tra il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e il Vescovo Francesco Lambiasi, in una piazza Cavour umida ma ancora impregnata dalla gioia per la Veglia appena terminata, conclude alle 23.15 una serata per certi aspetti unica.
In realtà la Chiesa riminese non rischiava nulla. La veglia di Pentecoste, la prima organizzata in piazza, non è nata come dimostrazione di forza. Non era un’occasione per contarsi, e neppure – semplicemente – un buon motivo per trovarsi tutti assieme. Non una chiamata alle armi, alla quale rispondere «obbedisco» ma un’occasione di Chiesa per vivere con un cuore solo e un’anima sola la discesa dello Spirito Santo ed accogliere – oggi come allora – il dono dei suoi doni.
Uomini e donne, giovani e anziani, ragazzi e adulti provenienti da ogni parte della Diocesi di Rimini: la partecipazione è stata corale. E il colpo d’occhio stupendo. Quante persone hanno riempito piazza Cavour? Quattromila circa. Tutti e ciascuno sabato han risposto all’invito del Vescovo Francesco. C’era una domanda a cui rispondere, “C’è una vita più umana di quella cristiana?”, c’era una veglia da vivere per chiedere il dono dello Spirito Santo, quello che ha trasformato gli apostoli impauriti in intrepidi annunciatori. Non a caso il Pastore della Chiesa riminese ha lanciato un accorato appello all’evangelizzazione, a non tenere nascosto Cristo, il tesoro che si è incontrato, che si è ricevuto. “Nel cristianesimo si è ribaltato quanto avviene nelle altre religioni: non è l’uomo che va verso Dio ma è Dio che cerca l’uomo, che si piega verso di lui”.
Parrocchie, comunità, religiosi, associazioni, movimenti e aggregazioni laicali: in piazza Cavour ci sono davvero tutti. I cortei provenienti dalle chiese di San Gaudenzo, San Nicolò e San Giuliano sono arrivati in piazza, preceduti dalle croci astili in tempo utile, accolti dal canto dei tre cori (aggregazioni laicali, pastorale giovanile e Punto Giovane). Chi ha ritardato è stato San Giovanni Battista. L’inizio della Veglia si è così spostato alle 21.15 e il prima pensiero del Vescovo è stato per il Pontefice: “Vorrei che questo saluto salisse in alto e arrivasse al nostro amatissimo Papa Benedetto XVI”.
Dopo la lettura degli Atti degli Apostoli, la preghiera è diventata teatro grazie ai centri diurni della Fraternità della Papa Giovanni XXIII, una danza che traduce la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli nel cenacolo, al termine della quale ci si è scambiati il segno della pace. “Dopo aver incontrato i cristiani, chi non crede deve sentirsi ancora più libero” ha detto il Vescovo nel corso del suo primo intervento.
Tocca al giornalista e scrittore Luigi Accattoli, decano dei vaticanisti italiani e autore del fortunato Cerco fatti di Vangelo. È stato provocato dalla visione di alcuni video di tcristiani riminesi. Elisabetta e Ulisse hanno un figlio ed uno in arrivo. La crisi li ha toccati ma loro si sono arricchiti con la preghiera e il sorriso. “I cristiani sono come gli altri, – ha detto Elisabetta – ma hanno una marcia in più: la speranza”. “La speranza in un Dio Padre che ci ama come figli” ha rilanciato Accattoli. Enrico e Annalisa sono una coppia di Viserba. Lui è senza lavoro da mesi. “Il tempo non te lo regala nessuno oggi, è più prezioso dell’oro. Io ne ho approfittato per dedicare tempo a un amico che avevo trascurato, Gesù. Ed è stata la cosa più importante che ho fatto”. “Fare del bene, anche attraverso il denaro è più facile – ha rilanciato Accattoli – che destinare del tempo a chi sai che non potrà mai ridartelo indietro”.
Il popolo della piazza è silenzioso e partecipe. Terzo modulo, arrivano sul video le testimonianze di Lauretta e Marco, ricercatrice universitaria lei e cuoco lui. “Quando a 24 anni ho detto che mi sarei sposata mi prendevano per matta: – racconta Lauretta – «Perché non vai a convivere?» Ma anche nella convivenza non c’è mai la certezza che lui non ti tradisca. E il «per sempre» è la cosa più straordinaria che puoi avere”. Sul “per sempre” si è soffermato con entusiasmo Accattoli. Qui il giornaslista ha parlato di amore senza riserve, senza barriere, senza alzare paratie. Senza separazione dei beni tra gli sposi, senza conti e vacanze separati, senza segreti che l’altro non può vivere. L’ultima testimonianza è di Matteo. La moglie è morta a 29 anni: “Chi andava a trovare Lidia in ospedale entrava nell’angoscia, e usciva nella pace”. “Questi sono fatti di Vangelo – è emozionato Accattoli – e sono contagiosi, portano il contagio del Vangelo”.
In questa Veglia Maria non è la convitata di pietra. Indicando l’immagine miracolosa della Vergine che muove gli occhi di S. Chiara e presente sul palco, il Vescovo ha introdotto un fuori programma. Tutti in piedi a cantare Salve Regina e per giunta in latino! “Ma i giovani non lo sanno” frenava qualcuno dietro al palco. La risposta è arrivata dalla piazza che ha cantato ad una sola voce.
Mons. Lambiasi nell’intervento finale – citando più volte don Oreste Benzi e papa Benedetto XVI – ha ribadito la necessità per i cristiani dell’evangelizzazione. In questi mesi di visita pastorale si è imbattuto in tanti fatti di vangelo, tanti da comporre un prezioso e vitale dossier.
Da qui la proposta: che in ogni parrocchia nasca e si sviluppi un “Cenacolo del Vangelo”, ragazzi e uomini in grado di vivere e testimoniare l’amore di Cristo per l’uomo in ogni ambito.
Il mandato ai circa duecento catechisti battesimali (nuova forma di ministerialità presente nella Chiesa) e ai catechisti per l’Iniziazione Cristiana degli adulti, è stato l’ultimo gesto della Veglia. Un po’ naif ma vitale. D’altra parte non è lo Spirito che non si riesce a contenere?
Paolo Guiducci