Luci e ombre per un sistema scolastico sempre più complesso: tagli finanziari, carenze di risorse umane, aumento degli studenti stranieri e scarsa risposta alla richiesta di tempo pieno.
Nel report curato dalla Provincia di Rimini, La scuola riminese 2011/2012: un sistema in evoluzione, si parte con i dati per arrivare a toccare con mano come la crisi e la riforma abbiano inciso in maniera significativa.
“C’è il rischio dell’arretramento qualitativo e quantitativo dell’azione educativa”, fa sapere preoccupata Meris Soldati, assessore provinciale alla Scuola. E non è la sola. Assieme a lei – giovedì scorso alla presentazione del report – c’era anche il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale Agostina Melucci che ha affrontato il primo importante capitolo della scuola di questa provincia.
“Siamo di fronte a processi migratori importanti – ha spiegato Melucci -. Si tratta di capire che sta cambiando l’integrazione da culture altre rispetto ai primi tempi e quali siano le questioni legate all’apprendimento e in generale alla vita scolastica da parte degli alunni stranieri”.
È sugli studenti stranieri quindi, che la scuola deve lavorare per capire meglio come contrastare ogni forma di stereotipi o pregiudizi. Una questione che sta a cuore al dirigente è proprio quella dell’identità.
“Spesso i modelli dei paesi di provenienza risultano abbandonati, quelli italiani invece si stentano ad acquisire”.
Oggi gli studenti stranieri rappresentano il 9,6% del totale degli alunni riminesi. Provengono per lo più dall’Est Europa – in testa Albania e Romania – ma anche Cina e Africa. Basta fare un confronto con l’anno scolastico 2000/2001 per accorgersi di come il panorama si sia globalizzato: 10 anni fa gli studenti non italiani erano appena il 3,2% con punte nelle secondarie di primo grado al 4%. Oggi, invece, si parla di una presenza tripla che arriva all’8,3% nelle primarie, all’11,3% nelle secondarie di primo grado e al 9,9% in quelle di secondo grado.
Questo incremento si accompagna a un fenomeno a cui si comincia a prestare maggiore attenzione, quello delle seconde generazioni, intese come under 18. Al momento sono circa 6.114 con un’alta concentrazione nel comune di Rimini e in quelli di Bellaria Igea Marina e Santarcangelo.
È proprio nei confronti di questi “nuovi riminesi” che la scuola sta cercando di trovare la strada esatta. Non è facile. Come far sì che la scuola sia plurale conservando nel contempo un radicamento nella nostra identità nazionale? Prima di tutto, secondo Melucci, è necessario un superamento della sordità reciproca “va sviluppato un senso aperto di appartenenza, puntando a un’integrazione basata sul dialogo, sul confronto, sul mettersi in discussione, sull’educazione alla convivenza attraverso la conoscenza delle differenti radici culturali”. Come dire: l’integrazione è possibile solo se aggiunge e non si sovrasta.
Un capitolo a parte merita poi la questione del tempo pieno. Sempre più richiesto dai genitori, sempre più ridotto all’osso per via dei tagli. Quest’anno, infatti, nelle primarie, non è stato possibile soddisfare la richiesta di tempo prolungato per 11 classi prime e 4 seconde. Con le poche risorse pervenute dall’Ufficio scolastico regionale è stato possibile il funzionamento a 30 ore nelle prime, seconde e terze classi delle elementari, e l’incremento nelle classi successive delle ore necessarie per garantire il tempo-mensa in quelle organizzate in rientri pomeridiani. Stesso problema in quelle secondarie di primo grado dove, aumento di alunni e necessità di tempo pieno mettono a dura prova chi deve coniugare i parametri dettati dalla legge per la costituzione delle classi con la superficie delle aule. Si va di forbici anche alle superiori. In base a quanto indicato dal Ministero, l’Ufficio scolastico ha subito provveduto alla riduzione delle ore d’insegnamento nelle terze, quarte e quinte degli istituti tecnici e nelle terze dei professionali.
Altro dato interessante è quello relativo alla conferma/non conferma della scelta della scuola superiore effettuata a febbraio 2011: in controtendenza rispetto al dato dell’ultimo anno scolastico (4,5%) e in linea con i precedenti tre, a settembre 2011 ben il 7,4% non ha riconfermato la scelta. Il motivo? Secondo la Provincia l’unica spiegazione si può trovare nelle novità legislative e nella relativa “fluidità” degli ordinamenti didattici introdotti con la riforma Gelmini, i quali possono aver generato qualche forma di disorientamento tra gli studenti e le loro famiglie all’atto della scelta.
Collegata al tema dei cambiamenti, infine, la questione relativa alle “movimentazioni” da un’istituto all’altro: nel quadrimestre ottobre 2011/gennaio 2012 sono stati registrati 317 trasferimenti. La maggioranza degli spostamenti avvengono soprattutto il primo anno e un buon 65% nei mesi tra ottobre e dicembre: di solito si passa da un liceo a un altro, oppure chi lascia un professionale si orienta alla formazione sul campo.
Marzia Caserio