Oggi sostengono in molti che in Italia la laurea è inutile. E verrebbe da concordare con questa tesi a sentire la storia del dietologo nutrizionista forlivese dalla brillante carriera e ottima fama di conferenziere che, si è scoperto, la laurea non l’aveva mai presa. La sua discussione fasulla della tesi di laurea con tanto di comparse è stata un’azione geniale ma deplorevole. Soprattutto perché le vittime della messinscena erano mamma e papà, col cui buon cuore mai e poi mai si deve scherzare. E poi, senza nulla togliere all’inventiva, la sua trovata non è del tutto originale. Proprio a Rimini nel dopoguerra una giovane studentessa di buona famiglia organizzò una festa per la laurea mai conseguita, vicenda che ispirò l’amarissimo “Festa di laurea” di Pupi Avati. E pensare che all’epoca non c’erano Padoa Schioppa o Martone. Senza voler giustificare il falso medico, a sentirsi dare del “bamboccione” o dello “sfigato” se si tarda ad acquisire l’indipendenza professionale per forza che si finisce col sentirsi in colpa. È sempre uno sfottò, ma di altro tenore, quello a cui ambiscono i nostri universitari: quel poco elegante coretto, ma che anche a Rimini ci fa sentire tanto centro accademico, con cui gli amici festeggiano il neodottore: “dottore, dottore…”. Poi però non è detto che uno trovi lavoro. E allora, caro pseudietista, non è proprio ammissibile che lei, senza titolo accademico, si permetta di spiegare agli altri che cosa mangiare o no quando altri studenti, che il titolo lo hanno, finito il buffet di laurea sono costretti a tirare la cinghia.