La signora Marina Orlandi, vedova del prof. Marco Biagi ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo 2002, ha ricordato a Bologna il sacrificio del marito: “Era stato abbandonato dalla Polizia, dallo Stato che gli aveva tolto la scorta proprio nel momento in cui era più esposto. Era stato sbeffeggiato da chi doveva proteggerlo”. Il 6 marzo sempre a Bologna, sono stati arrestati quattro poliziotti in servizio sulle volanti della Questura, due assistenti capi e due agenti scelti. Le accuse vanno dalla rapina alle percosse e lesioni a danno di spacciatori immigrati. Sulla scena della cronaca, pesa il ricordo della Uno Bianca. Il ministro degli Interni signora Cancellieri ha ragione: è una storia triste che riguarda soltanto quattro agenti, ma se anche si trattasse di uno solo sarebbe gravissimo.
La cronaca italiana deve misurarsi sempre con storie che hanno dietro una Storia che sembra non passare mai. Nel 2004 a Grosseto un curatore fallimentare è stato ucciso per aver creduto alla legge, come ha intitolato il CorSera un pezzo di Umberto Ambrosoli, reso orfano dalla stessa violenza. Una notizia da Palermo: il 19 luglio 1992 il giudice Paolo Borsellino fu ucciso perché si opponeva al patto tra Stato e mafia. La vedova di Borsellino accusa un generale dei Carabinieri, il quale risponde: sono stupide falsità.
Un esperto di tali vicende, Francesco La Licata (Stampa) osserva che c’è mancanza di verità nelle indagini per lo stragismo mafioso tra 1989 e 1994. E cita il procuratore Piero Grasso che parla di una trattativa tra Stato e mafia come progetto per non cambiare gli assetti politico-finanziari. L’ex ministro degli Interni Nicola Mancino dal CorSera accusa d’esser stato usato e venduto nella trattativa con la mafia.
Se è vero che senza chiarezza sul passato, in un Paese non c’è speranza di futuro, occorre uno sforzo particolare per comprendere le pagine oscure che abbiamo vissuto. Per questo ha ragione La Licata quando osserva: potrebbe essere il Parlamento a cercare di ricostruire il contesto anche politico da cui nacquero le stragi.
Di recente si è discusso della minaccia rivolta dall’ex ministro Bossi al premier: Monti rischia la vita, il Nord lo farà fuori. Il caso è stato chiuso con l’accusa di Bossi ai cronisti di non averlo compreso. Il direttore della Stampa Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi ucciso dal terrorismo, ha scritto: un giornalismo sano dovrebbe ignorare queste provocazioni. Ci sono rimasto molto male. [1073]
Antonio Montanari