Con il campionato fermo alla finestra a rimirare fiocchi di neve come assist, per gli appassionati di basket c’è stato tutto il tempo di sfogliare il libro dei ricordi. E inseguire il sogno a stelle a strisce. Non è utopia: il circo dell’Nba ha già piantato le radici in Romagna, e tra schiacciate, assist e layout si è pure accasato a Rimini, quando il Basket di casa nostra non era ancora griffato Crabs.
Il primo supereroe della palla a spicchi a calcare il parquet del “Flaminio” porta il nome di Reginald Johnson . Più conosciuto come Reggie, classe 1957, nel ruolo di ala forte e con 8 punti a partita nelle mani, nel 1983 si fregiò addirittura di un Anello. La maglia era quella dei Philadelphia 76ers di Julius Erving e Moses Malone, mica Pinco e Pallino. Nonostante il titolo in tasca, Reggie Johnson l’anno dopo attraversa l’Atlantico per accasarsi in Romagna. A Rimini ci resta fino al 1986, e al primo impatto fa vedere di che pasta è fatto. In canotta Marr infila 20 punti a partita e conduce la squadra al miglior risultato mai ottenuto in campionato, quel sesto posto in A1 che ancora luccica in viale Dante (Marr eliminata nei quarti dalla Simac Milano).
Forte di quel risultato, Rimini unisce alla passione i denari di Sberlati e intende mettere in piedi uno squadrone. Per alzare il livello in riva all’Adriatico, il gm Gianmaria Carasso fa arrivare dagli Usa Jeffrey Alan Lamp (nella foto in canotta Hamby). Negli annali della pallacanestro è più facile incontrarlo come Jeff Lamp. Bianco, classe 1959, 198 cm da sfruttare come ala piccola o guardia, il bellone Lamp negli Usa ha vinto un titolo NIT ma soprattutto gioca in Nba dal 1981. Prima tre stagioni ai Blazers (e 177 gare), un’annata con i Milwaukee Buks e 30 partite con i San Antonio Spurs. Rimini è griffata Hamby, Lamp fa coppia con Olden Polynice, centro di 211 cm, rimbalzista e stoppatore. È al primo campionato da prof., dopo aver intimidito gli avversari al college (Virginia Cavaliers). La coppia Usa, però, non rende come da aspettative, la squadra non gira e Rimini mestamente retrocede. L’addio di Polynice è da film: il gigante di origine haitiana, solitario, sul marciapiede della stazione, con tre valigione enormi e un berretto di pelle attende il treno per Milano in un umido mattino. Il suo destino, però, non sarà così gramo: nel 1987 Olden è scelto dai Chicago Bulls al primo giro del draft Nba. Anche se immediatamente scambiato con i Seattle Supersonics per Scottie Pippen, inizia una lunga, onesta carriera Nba indossando le maglie di Los Angeles Clippers, Detroit Pistons, Sacramento Kings, Seattle Supersonics, Utah Jazz e ancora Clippers, fino al 2003. Anche Lamp non se la passò male, giocando due stagioni ai Lakers prima di tornare a Venezia.
Destini incrociati. Quando Piero Pasini ritorna sulla panchina riminese (stagione 1991/1992), per la Marr Rimini è ancora festa promozione, cioè ritorno in A1. In quella squadra era atterrato Darnell Terrell Valentine, classe 1959. Ottimo al college, nel 1981 Valentine sbarca in Nba a Portland. Vi gioca per quattro anni, 10 punti e 6 assist di media. Le stesse statistiche che manterrà prima a Los Angeles, sponda Clippers, poi a Cleveland, per altri sei anni nel campionato più importante del mondo. Indossa la canotta Marr Rimini segnando 738 punti in 34 gare.
Sempre nella stagione 1991, a Rimini sbarca Franklin Johnson. Gioca però appena cinque partite. Play dalle mani educate, l’anno prima aveva vestito la maglia di Varese, ma tra il 1981 e il 1989 aveva calcato i parquet Nba per ben 449 volte con le franchigie di Washington e Houston. Johnson chiuse la carriera con i Phoenix Suns collezionando altre 147 presenze e diventandone poi il coach (2002-2003). Arriviamo così a Rodney Buford. Classe 1977, treccine intriganti, atletismo da vendere, gli valgono la chiamata al secondo giro del draft Nba 1999. Indossa la canotta dei Miami Heat. Il 3 novembre viene trovato in possesso di un piccolo quantitativo di marijuana: la società lo reintegra ma le cifre non sono esaltanti: 4,3 punti in 11,4 minuti di utilizzo. Estate 2000: Buford atterra a Rimini. In A1, sponsor Vip, è l’incredibile trascinatore della squadra con 24,1 punti e 5,2 rimbalzi, e il 41,5% da tre. Roba da stropicciarsi gli occhi. L’esultanza del pubblico riminese dura poco. Segna 30 punti contro Milano, la mattina seguente (18 dicembre 2000) s’imbarca per gli Usa destinazione Nba, avvisando la società riminese a partenza già avvenuta. Rimini sfiorava i play off, concluderà la stagione all’ultimo posto. È Legadue, dalla quale non si riprenderà più. E Buford? Diventerà compagno di squadra di Allen Iverson nei Philadelphia 76ers, raggiungendo play off e finali Nba 2000-2001, perse contro i Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant. Dopo inizia un pellegrinaggio dentro l’Nba (Memphis Grizzlies, Sacramento Kings e New Jersey Nets) e in Europa, in maglia Panathinaikos. La positività alla cannabis gli impedisce di terminare la stagione. “The Sheriff” è un girovago: emigra in Ucraina, sostituisce Antony Parker al Maccabi Tel Aviv, torna in Ucraina e viene nuovamente pizzicato alla cannabis. Attualmente gioca nei London Lightning, Canada. È la volta di Chris McRay che, però, non ha lasciato un gran segno. Stagione 2008-2009, arriva con 5 gare in maglia Milwaukee Bucks ma non incide, anzi fa arrabbiare più d’una volta coach Sacco. Indubbiamente più spettacolare, Ndudi Ebi che aveva fatto sperare tutto il 105 Stadium (2009-2010). Il perticone (210 cm) regalava schiacciatone e stoppate stratosferiche, che alternava però ad amnesie e personalismi. Un’insolita cavalletta del parquet le cui giornate di grazia si sono assottigliate. Prima scelta dei Minnesota T-Wolwes (due stagioni, 19 gare), dopo i Crabs ha vestito la maglia di Imola ma senza finire la stagione. Rimini e l’Nba, dunque, sedici anni di seduzione e otto storie. Chissà se e quando i Crabs incroceranno ancora il sogno a stelle e strisce.
Paolo Guiducci