Maglie di calciatori professionisti come quadri. All’asta per solidarietà. Cene con musica, spettacoli, concerti. Amministratori pubblici che leggono favole nei negozi o che si mettono in vetrina. Sono solo alcune delle tante iniziative svoltesi negli ultimi tempi a favore del mondo della solidarietà e del volontariato sociale. Pare, infatti, che in periodi di crisi, sempre di più enti, associazioni, o semplici cittadini s’ingegnino per creare eventi e situazioni che vadano a coprire quella fetta di bisogni rimasti senza risposta. C’e chi con un concerto raccoglie fondi per una famiglia in difficoltà, chi organizza una cena o uno spettacolo. Ma come funziona tutto ciò? Occorre chiedere particolari autorizzazioni per organizzare un evento?
Lo abbiamo chiesto a Giovanni Benaglia, commercialista riminese.
“Se parliamo di associazioni del mondo no profit, in caso venga organizzata una cena o un altro evento per raccogliere fondi destinati alla beneficenza, non occorre chiedere alcun tipo di autorizzazione, salvo quelle previste dai regolamenti comunali e sanitari per momenti che prevedono la partecipazione di pubblico esterno. È la natura stessa dell’associazione che rende possibile farlo. In genere si tratta di associazioni che fanno attività nei confronti dei soci. I fondi raccolti non sono soggetti a tassazione. Tutto ciò, però, è valido se resta nell’ambito della raccolta a scopo benefico e purchè non sconfini nell’attività commerciale”.
In passato c’è stato, infatti, chi ha abusato della qualifica di associazione.
“Alcune palestre, o altri tipi di locali, svolgevano una normale attività, avvalendosi di qualifiche inadeguate ai soli fini di non pagare le tasse. Ultimamente l’Agenzia delle Entrate ha attivato maggiori controlli, ma non si può parlare di un fenomeno scomparso”.
Tornando alle associazioni regolarmente costituite e realmente operanti nel mondo della solidarietà. Il donatore che fa un’offerta libera per sostenere un progetto, può richiedere che gli venga rilasciata una ricevuta?
“Certo, anche perchè entro determinati limiti, è possibile detrarre tali erogazioni liberali verso le onlus, al momento della dichiarazione dei redditi. La legge non obbliga l’associazione a emettere ricevute fiscali o scontrini, come nel caso di un normale negozio, però è possibile richiedere un foglio che documenti la donazione per utilizzare successivamente le agevolazioni fiscali”.
Altro punto dolente che spesso frena la beneficenza. Il ricavato delle attività svolte e soprattutto ciò che io dono e tolgo dal mio portafoglio, va veramente tutto in beneficenza?
“Questo è davvero uno dei punti più contestati e oggetto di maggiori equivoci. Diciamo che la legge non dispone criteri precisi in proposito. Innanzitutto c’è una legge morale per cui, tolte le spese effettivamente sostenute per svolgere l’attività, che si tratti di una cena, un’asta di quadri o qualsiasi altro evento, la somma raccolta deve essere destinata tutta allo scopo che si è dichiarato. Se devo inviare dei soldi in Africa ma per raccoglierli ho dovuto affittare un capannone o una sala, logica vuole che, tolto l’affitto del locale, il resto debba andare per intero allo scopo benefico prefissato”.
Tutto qui? La buona fede affidata a un semplice senso morale?
“No, certamente. Ci sono i bilanci che, anche se per tali tipi di organizzazioni non vanno pubblicati, devono essere comunque redatti e approvati dai soci. Tutto deve essere comunque documentato. Ricordiamo che nonostante il mondo del no profit abbia meno burocrazia, è comunque soggetto a una serie di regole. Le associazioni di promozione sociale, ad esempio, se vogliono ottenere i contributi pubblici, devono essere iscritte almeno all’Albo delle Associazioni tenuto dai Comuni e dalle Provincia. In questo modo si verifica che i richiedenti siano veramente delle Associazioni”.
Si vedono anche mamme che raccolgono fondi per le scuole, facendo mercatini in piazza. Qui valgono le stesse regole?
“Vale sempre la regola che il tutto deve essere trasparente e il ricavato deve essere destinato interamente al progetto dichiarato”.
È bene specificare tutto questo, al fine di far divenire le tante richieste di solidarietà sempre più chiare e trasparenti. Così può formarsi quel rapporto di fiducia tra donatore e ricevente. Chiaro che anche se è giusto che questo mondo goda di benefici, proprio per il tipo di finalità perseguite, è però importante la trasparenza. Proprio per evitare che tutto venga classificato ambiguo per colpa di qualche furbetto. Poi, riguardo a leggi, permessi e autorizzazioni, molto dipende anche dal Comune in cui si vive, dal tipo specifico di associazione. Ricordiamo, infatti, che vi sono enti che fanno volontariato, enti di promozione sociale, e altri tipi di associazioni, con regole simili tra loro ma pur sempre diverse.
Silvia Ambrosini