Una grande foto campeggia nello studio. Immortala una radiografia del torace di un cardiopatico appesa alla finestra. È il tipico “cuore grande africano”, sfiancato dalla malattia ma anche inteso metaforicamente. Attraverso il cuore si intravedono tre altri pazienti in attesa di visita. Gabriele Bronzetti incrocia la foto ogni volta che alza la testa. E il suo pensiero corre a Marilena Pesaresi, all’ospedale di Mutoko messo in piedi dalla missionaria riminese, e ai tanti africani che anche oggi aspettano un’ecografia, con il cuore sfiancato da difetti alle valvole. Un’attesa condivisa con gli anziani in coda al Centro per la terapia anticoagulante del S. Orsola-Malpighi, a Bologna, dove Bronzetti opera. E con innumerevoli pazienti che affollano le sale d’attesa della Provincia di Rimini. A questo esercito, il cardiologo Gabriele Bronzetti – che a Mutoko opera da volontario dal 1997 – vorrebbe sbandierare un nuovo farmaco, l’anticoagulante cosiddetto “diretto”. “Gli anticoagulanti sono farmaci diffusissimi, vitali per milioni di pazienti nel mondo. Solo nella provincia di Rimini si contano migliaia di persone (cardiopatie, aritmie, malattie del sangue, ecc) che ne fanno uso”.
Il più diffuso, il Coumadin, un tempo era usato come veleno per topi perché – da anticoagulante – ad alte dosi causa fatali emorragie. “Questo farmaco ha molte interazioni con altri farmaci e alimenti – prosegue l’analisi Bronzetti – e obbliga chi lo assume a notevoli restrizioni. Inoltre impone prelievi del sangue molto frequenti per verificarne l’azione, per non dire di macchinose procedure in caso di operazioni o banali interventi dentari”. Se un prelievo continuo è una sfiancante schiavitù per i malati riminesi o i pazienti bolognesi, pensate a quale catena costringe gli africani. I nuovi anticoagulanti a Mutoko e in altre aree difficili possono salvare un gran numero di vite, in attesa o dopo un intervento chirurgico sulle valvole del cuore. Bronzetti non ha dubbi: quell’innovazione terapeutica è capace di rivoluzionare la vita dei malati di cuore in Zimbabwe. “Chi è stato a Mutoko dalla dott.ssa Pesaresi conosce il problema. Vengono seguiti tanti cardiopatici che fanno terapia anticoagulante: il problema qui è vissuto in tutta la sua drammaticità. La mancanza di reagenti, la scarsità dei controlli, l’impossibilità di una dieta controllata e altri fattori possono rendere la terapia, in difetto o in eccesso, fatale”. Da anni la ricerca punta a farmaci alternativi. Bronzetti ha tradotto questo orizzonte della medicina in un originale report pubblicato in inglese sull’International Journal of Cardiology. Il “cuore” dell’articolo (molto apprezzato negli Usa e Inghilterra) batte in questo modo: se nei paesi sviluppati il nuovo farmaco potrà migliorare la qualità di vita dei pazienti, nel terzo mondo, e quindi in Africa, lo stesso farmaco potrà salvare molte vite.
“Tutti conoscono il cardiologo Antonio Pesaresi, fratello di Marilena. Negli ultimi anni siamo andati nella missione di Mutoko insieme, cercando di visitare in pochi giorni il massimo numero di pazienti. Molte volte ci è capitato di constatare che tra i pazienti «persi», la causa del decesso era proprio una terapia anticoagulante inappropriata. L’articolo è anche provocatorio: dare all’Africa ciò che in passato le è stato tolto”. Bronzetti pensa all’Aids e alle grandi case farmaceutiche.
I nuovi anticoagulanti presenteranno problemi, costi e compatibilità difficili, ma il cardiologo invita a proseguire su questa strada. “Quando andiamo in Zimbabwe ci portiamo dietro confezioni di Coumadin reperite come si può, e i reagenti per fare i test ematici imposti dal Coumadin, con enormi problemi di conservazione (richiedono ghiaccio) ed estenuanti trattative nelle varie dogane”. Già domani invece una medicina potrebbe far sorridere. Di cuore.
Paolo Guiducci