Passano gli anni e campioni si rimane. Serie A o amatori, grandi palcoscenici o quattro gatti che ti guardano, non importa. È il dna quello che fa fede, che lo certifica senza che nessun ente lo attesti. Maurizio Orlandi è uno di questi. Primi calci nel Cesena anni ’70 di Gigi Radice, addirittura esordio in Nazionale con Azelio Vicini e Enzo Bearzot, poi Sampdoria e Lecce, fascia da capitano al braccio. Insomma, un leader nel cosiddetto calcio che contava. L’oggi parla di una passione per il pallone che non se ne vuole andare, neanche a 58 anni suonati. Il fine settimana è dedicato al calcio, nell’Olimpia Crocetta, e guai a toccarglielo. Movimenti in campo pochi, ma appena la palla gli arriva tra i piedi si vede che la tecnica non è una materia studiata a ragioneria. Solo che la tecnica da sola è poca cosa se non è accompagnata da un sistema di valori, come la lealtà e il rispetto in campo. “Corre leggero sia che abbia o non abbia la palla ai piedi, sa sempre quale sia la giocata migliore da esprimere”, diceva di lui il grande Fulvio Bernardini. E la cosa migliore da fare l’ha fatta senza tante esitazioni. Campionato Uisp, contro il Città del Rubicone, Orlandi, palla al piede si invola verso la porta. Il marcatore che lo affianca, il bancario sammaurese Marco Mazzoni, stramazza a terra, strappo muscolare dirà il medico. L’ex Samp affronta il portiere che lo stende, è rigore. Nessuno fiata o protesta, anche perché il penalty pare piuttosto netto. Orlandi si accorge che il suo marcatore è costretto a uscire dal campo. D’impeto prende il pallone in mano va sul dischetto, lui che di solito non tira i rigori, e lo calcia volutamente fuori. Per la cronaca la gara stava 2-2 e quel gol avrebbe significato la vittoria certa, alla fine del match mancava poco. “Mi ero accorto dell’infortunio del difensore ma nell’immediato non ho avuto la freddezza di fermarmi – dice Orlandi – mi sono subito reso conto, però, che non era giusto segnare in quel modo, favorito dalla sfortuna di un altro. E così ho trovato normale calciare fuori il rigore. Passare da eroe per un gesto che dovrebbe essere la normalità mi pare bizzarro, tanto più nello sport”.
Resta il fatto che il gesto è stato talmente insolito da prendere in contropiede gli avversari.
“Sinceramente non ce l’aspettavamo – le parole di Stefano Bersani, mister del Città del Rubicone – la prima cosa, spontanea, che ci è venuta è stato un applauso. Negli spogliatoi ne abbiamo poi parlato tra di noi, e siamo arrivati tutti alla conclusione di avere di fronte un campione di sportività”.
La Uisp di Cesena nel suo bollettino ufficiale ha encomiato il gesto di Orlandi “ha rinunciato al risultato della gara privilegiando il rispetto degli avversari, dimostrando così il reale spirito sportivo”), che ancora una volta ha spiazzato un po’ tutti. Un po’ come nel lontano 1975 quando un suo gol fece zittire San Siro regalando la prima (e unica) vittoria del Cesena a Milano contro l’Inter. Quella volta valse 900 milioni di lire all’unico 13 della schedina, questa volta i complimenti di un’intera categoria che non brilla certo per fair play.
Filippo Fabbri