Aiutare a “trovare risposte di senso ai ‘perché’ della vita”, educare a “una condotta ispirata ai valori etici”, far conoscere “il cristianesimo nella tradizione cattolica, presentando il Vangelo di Gesù Cristo in un confronto sereno e ragionato con le altre religioni”: sono queste le finalità principali dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) nelle scuole italiane. Ne parla il messaggio della presidenza della Conferenza episcopale italiana in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2012-2013. Il testo, diffuso il 15 novembre dalla segreteria generale della Cei, si rivolge a studenti e genitori, che nelle prossime settimane saranno chiamati a esprimersi “sulla scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica”. Il messaggio sottolinea che “si tratta di un appuntamento di grande responsabilità perché consente, a voi studenti, di riflettere sulla validità di tale proposta e di decidere personalmente se farne risorsa per la vostra formazione e, a voi genitori, di ponderare le possibilità educative offerte ai vostri figli”.
Nelle contraddizioni del presente. Dopo aver espresso la vicinanza della Chiesa a famiglie e giovani “di fronte alle ricadute che le contraddizioni del momento presente e le incertezze del futuro hanno sulla scuola”, il messaggio si sofferma sull’impegno educativo e sul suo significato e valore. “La Chiesa è dalla vostra parte, si fa carico di ogni vostra fatica, vuole offrirvi il supporto della sua bimillenaria esperienza a servizio dell’uomo e delle sue più profonde aspirazioni – si legge nel testo – vuole aiutare voi studenti, attraverso l’opera di insegnanti professionalmente competenti e spiritualmente motivati, a leggere e interpretare la cultura letteraria, artistica e storica in cui siete nati e cresciuti, o dove siete approdati in seguito a scelte di vita o a esodi forzati”.
Un valore aggiunto. Nella parte conclusiva del messaggio si dice che “in continuità con la famiglia e in preparazione alla vita sociale e professionale, l’insegnamento della religione cattolica è un valore aggiunto a cui vi invitiamo a guardare con fiducia, qualunque sia il vostro credo e la vostra estrazione culturale”. Si sottolinea più avanti che l’Irc “è di fatto capace di proporsi come significativa risorsa di orientamento per tutti” e si formula il “caloroso invito a operare insieme perché non manchi alle giovani generazioni l’opportunità di una proposta inerente la dimensione religiosa e di una cultura umanistica e sapienziale che li abiliti ad affrontare le sfide del nostro tempo”.
Alcuni dati sull’Irc. Finora, a livello consolidato, la quota dei cosiddetti “avvalentisi”, cioè delle famiglie dei minorenni (che scelgono per conto dei figli) o dei maggiorenni iscritti alle scuole superiori che hanno scelto autonomamente tale insegnamento, è stata superiore, mediamente su scala nazionale, al 90% del totale. Mentre tale percentuale sfiora o supera il 95% nelle scuole dell’infanzia e primarie, scende attorno al 93% nelle secondarie di primo grado (medie) e poi cala ulteriormente nelle secondarie di secondo grado (superiori) collocandosi attorno all’85%. Notevoli differenze si registrano su scala territoriale. Nelle regioni del Nord gli avvalentisi sono circa l’86%, al Centro si sale a oltre il 90 e al Sud si supera il 97-98%. Toscana ed Emilia-Romagna sono le Regioni con il minor numero di avvalentisi (attorno all’83-84%) mentre le Regioni con il più alto numero sono Basilicata, Calabria, Campania e Puglia (mediamente attorno al 98%).
Rimini si pone in controtendenza rispetto al dato regionale e in linea con quello nazionale, addirittura largamente superiore di quasi 5 punti nelle secondarie di secondo grado. Questi i dati riminesi: infanzia 89,7%, primarie 93,1%,medie 92,2%; superiori 89,4%. In totale 91,37%.
Il servizio per l’insegnamento della religione cattolica della Cei sottolinea, riguardo a questi dati, che nel nostro Paese trova conferma da molti anni una consolidata tendenza della stragrande maggioranza delle famiglie italiane di avvalersi dell’ora di religione anche in un contesto socio-religioso che presenta sintomi di cambiamento.