Ha solo 33 anni, ma è già una ricercatrice di fama nazionale e internazionale. Chiara Molinari di Savignano, sposata, un figlio, ha una laurea in biotecnologie, una in biologia molecolare e cellulare e un dottorato di ricerca in scienze morfologiche umane e molecolari. Svolge la sua attività di ricerca a Meldola presso il laboratorio di bioscienze dell’Irst (Istituto Scientifico Romagnolo per lo studio e la cura dei tumori) specializzata nella ricerca per la diagnosi e la prognosi di tumori del cervello, della mammella e del colon retto. È appena tornata da Bruxelles dove ha partecipato al congresso sui marcatori molecolari nel cancro, per individuare e curare la malattia, ed è stata una dei 25 studiosi selezionati, a livello mondiale, per partecipare a un seminario finalizzato alla realizzazione di un progetto per lo sviluppo di nuove metodologie per il trattamento dei tumori. Ha già pubbicato un lavoro sui tumori cerebrali e in dicembre uno sulla mammella, mentre ne sta preparando un terzo specifico sul tumore rettale. Dieci anni fa, non ancora laureata, venne scelta per un progetto di biologia molecolare ad Heidelberg in Germania.
Come è diventata ricercatrice?
“Al liceo classico non avevo mai pensato di fare la dottoressa. Il giorno dell’iscrizione all’università ho scelto biotecnologie. Forse dentro avevo già un qualcosa che mi spingeva a rendermi utile nel settore medico. Mi sono appassionata talmente tanto che non ho più smesso di cercare”.
Qual è il suo obiettivo?
“Continuare a fare ricerca in modo sempre migliore, cercando – laddove è possibile – di conciliare lavoro e famiglia. Il mio mondo è il laboratorio e il lavoro sulle cellule, senza mai dimenticare che dietro e prima di tutto c’è il malato”.
Perché la scelta di Meldola per le sue ricerche?
“La volontà di non andare troppo lontano dalla mia terra d’origine e nello stesso tempo lavorare in un centro di eccellenza che mi potesse dare spazio e farmi crescere”.
Lei non ci ha pensato di imitare i cervelli in fuga?
“Il mio primo impatto con il laboratorio è stato all’estero, in Germania, dove ho potuto apprezzare un bel modo di lavorare. Meldola è un centro dove si fa della buona ricerca traslazionale, cioè che viene direttamente applicata al paziente. Avrei avuto anche possibilità di andare all’estero, ma preferisco spendere le mie energie e investirle vicino a casa dove c’è una realtà che merita”.
Si riuscirà a debellare il tumore?
“Del tutto non credo. L’importante è la prevenzione, la diagnosi precoce e riuscire a individuare delle terapie personalizzate”.
Cosa ci riserva il futuro?
“Purtroppo ci si ammalerà sempre, ma grazie alla ricerca e allo studio ci si potrà curare di più e meglio. E non bisogna dimenticare il lavoro di tanti volontari dello Ior che a Meldola e in tutta la Romagna investono tempo ed energie per dare assistenza a chi soffre e raccogliere fondi da destinare alla ricerca”.
Ermanno Pasolini