Contravvenendo al personale principio di non parlare due volte di fila dello stesso tema, mi sento in dovere di tornare a occuparmi della “H&M”. La catena di abbigliamento svedese, di cui avevo lodato la capacità imprenditoriale, negli ultimi giorni ha perso, invece, qualche punto. Prima l’apertura, con relativa multa, il primo novembre, una delle poche festività ancora risparmiate dal rito della spesa. Poi il rifiuto a contribuire, seppur con un’inezia, alle spese per le luminarie natalizie: “non rientra nelle politiche aziendali”. Chi arriva dalla provincia, in questo caso svedese, un po’ di provincialismo se lo porta dietro sempre. Come il signor Ikea che, notoriamente, viaggiava con vecchie Volvo anche da miliardario. Passi per il caos dell’inaugurazione, con la folla che bloccava il traffico sullo pseudopedonale Corso d’Augusto. Passi, meno, l’apertura fuori calendario. Ma il braccino corto sulle luminarie pare una caduta di stile poco consona a un marchio che dello stile si vanta di essere un riferimento. E in una città dove tassa di soggiorno e royalties stanno per limare gli incassi di molte imprese, rifiutarsi di devolvere un pugno di scontrini per le luminarie, che tanto ci pensano gli altri, è ancora più antipatico. Tanti riminesi, passati dalla miseria della guerra alle ricchezze del turismo, saranno pure “pidocchi rifatti” e magari girano ancora con vecchie Mercedes. Ma due soldi per le luminarie nessuno li nega. Al limite, le compriamo all’Ikea.