Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra giustizia e pace, perdono e vita, amore!”. Con queste parole Benedetto XVI ha chiuso la lettura del testo dell’impegno comune per la pace da parte dei leader religiosi sul palco della piazza della basilica di san Francesco, atto finale della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Venticinque anni dopo l’incontro di Assisi, voluto da Giovanni Paolo II, 300 esponenti delle varie fedi mondiali si sono ritrovati ieri (27 ottobre) in piazza san Francesco, per il rinnovo solenne dell’impegno per la pace e per la consegna delle lampade, simbolo di pace. “La pace è possibile, ancora oggi!”, ha affermato il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, introducendo la cerimonia del rinnovo. “Un comune impegno di non rassegnarci mai alle guerre e alle separazioni. Sappiamo che la fede può vincere il dubbio, la fiducia superare l’angoscia, la speranza può avere la meglio sulla paura”.
Dodici gli impegni contenuti nel testo, letti a turno dai leader religiosi e riassunti così dal patriarca ecumenico Bartolomeo I: “Per costruire la pace è necessario amare il prossimo, rispettando la regola d’oro, «fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te». Con questa convinzione non ci stancheremo di lavorare nel grande cantiere della pace”. “C’impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo contrastano con l’autentico spirito religioso”, ha detto il vescovo Mounib Younan, della Federazione luterana mondiale, e a “condannare ogni ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione. Ci impegniamo a fare quanto è possibile per sradicare le cause del terrorismo”. “C’impegniamo a educare le persone a rispettarsi e a stimarsi reciprocamente” in vista di “una convivenza pacifica e solidale”, ha aggiunto Tarunjit Singh Butalia, delegato per la religione Sikh. “C’impegniamo a promuovere la cultura del dialogo perché crescano la comprensione e la fiducia reciproca fra gli individui e i popoli, premesse queste dell’autentica pace”, ha letto il metropolita Aleksandr, del Patriarcato di Mosca, cui ha fatto seguito John Upton (Alleanza battista mondiale): “C’impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a vivere una degna esistenza secondo la propria identità culturale e formarsi liberamente una famiglia”.
Dal musulmano Mulina Mohammed Zubair Abid è arrivato l’impegno a “dialogare con sincerità e pazienza, non considerando quanto ci differenzia come un muro invalicabile ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con l’altrui diversità può diventare occasione di migliore comprensione reciproca”. “C’impegniamo a perdonarci vicendevolmente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente – ha affermato il metropolita Mar Gregorios, del Patriarcato assiro-ortodosso di Antiochia – e a sostenerci nel comune sforzo per sconfiggere l’egoismo e il sopruso, l’odio e la violenza e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è vera pace”. Il taoista Wai Hop Tong ha ribadito l’impegno “a stare dalla parte di chi soffre nella miseria e nell’abbandono, facendoci voce di chi non ha voce e operando concretamente per superare tali situazioni, nella convinzione che nessuno può essere felice da solo”. “Noi c’impegniamo a fare nostro il grido di chi non si rassegna alla violenza e al male – ha aggiunto il buddista Phra Phommolee – e vogliamo contribuire con tutte le nostre forze per dare all’umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace”. Poi è stata la volta dello scintoista giapponese Tsunekiyo Tanaka: “Noi c’impegniamo ad incoraggiare ogni iniziativa che promuova l’amicizia fra i popoli, convinti che il progresso tecnologico, quando manchi un’intesa solidale tra i popoli, espone il mondo a rischi crescenti di distruzione e di morte”. “Noi c’impegniamo a chiedere ai responsabili delle Nazioni di fare ogni sforzo perché, a livello nazionale e internazionale, si edifichi e si consolidi, sul fondamento della giustizia, un mondo di solidarietà e di pace”, ha affermato l’ebrea Betty Ehrenberg, cui ha fatto eco Setri Nyomi, della Comunione mondiale delle Chiese riformate: “Noi persone di tradizioni religiose diverse non ci stancheremo di proclamare che pace e giustizia sono inseparabili e che la pace nella giustizia è l’unica strada su cui l’umanità può camminare verso un futuro di speranza” nella consapevolezza che “la sicurezza, la libertà e la pace non potranno essere garantite dalla forza, ma dalla fiducia reciproca”. Per ultimo ha preso la parola Guillermo Hurtado, rappresentante dei non credenti, per la prima volta all’incontro di Assisi: “Noi, umanisti laici, in dialogo con i credenti, c’impegniamo con tutti gli uomini e le donne di buona volontà a costruire un mondo nuovo. Dedichiamo ogni sforzo affinché credenti e non credenti vivano, nella fiducia reciproca, la ricerca comune della verità, della giustizia e della pace”.